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In effetti si sente l’esigenza, dopo aver fatto l’analisi della situazione, di rispondere alla classica domanda: “che fare?”.

Ebbene da una parte abbiamo una politica che cavalca il solo conflitto generazionale – e questa è la giustificazione dell’ascesa di Renzi- e non riconosce i sindacati come interlocutori, in quanto sarebbero portatori di una “politica vecchia”, dall’altra, anche a causa di questa lunga crisi, le rappresentanze sociali sono in una posizione di debolezza.

Sembra, quindi, che per i sindacati non ci sia soluzione. Ma è nella difficoltà che siamo chiamati a ricostruire elementi di solidarietà sociale.

Certamente si sono create e sono presenti cause di malessere diffuse. Ad esempio cresce il malcontento dei cittadini rispetto all’uso inefficiente di risorse pubbliche, peraltro sempre più scarse.

Un fisco sempre più martellante, ma che non sembra capace di riequilibrare i sacrifici: le disuguaglianze crescono e, per dirla banalmente, i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono sempre più ricchi. Vogliamo parlare della sanità? Un solco sempre più profondo divide in due l’Italia”.

Il sindacato, e non a caso sotto la sigla Uil compare una scritta che è un programma “il sindacato dei cittadini”, deve essere all’interno di questi conflitti e deve dimostrarsi capace di guidarli.

Non dobbiamo dimenticarci che spesso il sindacato è presente sia nell’amministrazione pubblica che eroga i servizi, sia tra coloro che pagano e hanno necessità di usufruire di quei servizi. Qui devono essere superate contraddizioni presenti anche al nostro interno.

In buona sostanza, se il “ceto politico” proclama la sua autonomia dal sociale, il sindacato deve avere il coraggio e la capacità di “competere” con il potere politico sulle soluzioni migliori per il paese.

La campagna che abbiamo promosso come Uil contro i costi della politica non va confusa con un generico “soprassalto di moralità”. No, oltre alla moralità, nella situazione del nostro paese c’è la necessità di reperire risorse per la ripresa, che si ottengono, ad esempio, con un fisco veramente impegnato contro l’evasione, sia quella in grande stile di chi accumula ricchezze proprio nei momenti di crisi, sia di quella diffusa (autonomi, piccoli imprenditori a cavallo della linea tra lavoro nero ed emersione, ecc.).

Ma le risorse per lo sviluppo si ricavano anche dalla diminuzione degli sprechi: la moltiplicazione degli enti istituzionali e degli incarichi amministrativi/politici remunerati con i soldi pubblici ne sono un altro esempio evidente.

Questo è stato il senso della forte campagna che la Uil ha promosso contro i “costi della politica” “.

Non ti sembra, però, che per rendere più incisiva la loro azione i tre sindacati confederali debbano come minimo “sintonizzare” le proprie strategie, trovare una forma di lavoro comune, una “collaborazione unitaria”?

No, credo che sia finito il tempo delle diplomazie interne, che spesso hanno bloccato l’azione sindacale e non sono state capite dai lavoratori.

Quello che è necessario è avere delle proposte per risolvere i problemi, che siano migliori e che siano convincenti anche per l’opinione pubblica rispetto a quelle avanzate dai politici”.

Passiamo ora a parlare di temi più immediatamente vicini all’azione del sindacato. Ci sembra che ci siano forze imprenditoriali che stanno mettendo in discussione il sistema contrattuale. Nel settore del Terziario, in particolare, assistiamo alla tendenza di un continuo attacco al livello delle retribuzioni dei lavoratori, operate in varie forme: dall’utilizzo anomalo di voucher e stage, alla diminuzione dei tempi pieni a favore di tempi parziali sempre più flessibili.

L’ultimo anello sarebbe costituito dall’introduzione del salario minimo garantito, in sostituzione e in riduzione degli attuali minimi definiti dai contratti nazionali.

Diciamo questo: a livello dei settori economici ed industriali che fanno competere il nostro paese a livello internazionale, non c’è la scelta di un sistema di produzioni che abbiano la necessità di un costo del lavoro sempre più basso.

Diverso è invece il discorso per tutto quello che ha a che fare con la produzione e il consumo interno al nostro paese: evidentemente sta scontando la secca riduzione dei redditi disponibili per le famiglie.

In ogni caso i “salari minimi”, che per noi sono fissati dai contratti nazionali, anche per chi li propone per legge non possono essere confusi con il “neo-liberismo” economico”.

Infine parliamo un attimo di rappresentanza e di rappresentatività. Recentemente sono stati fatti accordi tra Cgil Cisl e Uil per andare, anche nel settore privato, all’elezione “a tappeto” delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie). Tra le altre cose, con l’applicazione di questi accordi, si spera di evitare un intervento legislativo.

L’alternativa sarebbe – come emerso più volte all’interno della Uil- l’attuazione dell’art.39 della Costituzione (1), con l’estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle organizzazioni sindacali.

Questa seconda è una strada che come Uil non ci siamo mai preclusa, soprattutto se gli accordi sulla rappresentanza non dovessero funzionare o se si dovesse continuare ad erodere, da parte imprenditoriale, l’area di applicazione dei contratti nazionali.

Chiaramente, a questo punto, si dovrebbe metter mano all’applicazione anche degli artt. 40 e 46 della Costituzione (regolazione del diritto di sciopero e del diritto di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese).

In passato ci si è sempre scontrati con ostacoli, sia all’interno del mondo sindacale che a livello politico. Che ci siano oggi le condizioni per procedere su questa strada rimane un grosso punto interrogativo”.

(1) L’organizzazione sindacale è libera [cfr. art. 18].

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.

E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

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