molti paesi del Lazio, delle Marche e, in parte, dell’Umbria e dell’Abruzzo, sconvolti dal terremoto, con centinaia vittime e con ferite morali e materiali difficili da rimarginare.
Non avremmo mai pensato di assistere, ancora una volta, ad una tragedia della portata di quella che ha colpito, tra fine agosto e fine ottobre, le regioni montuose del Lazio e delle Marche e, in parte, dell’Umbria e dell’Abruzzo.
Tv e giornali hanno ampiamente riferito -e continuano a farlo- su quanto è avvenuto. Il governo si è impegnato solennemente a ricostruire quanto materialmente distrutto. Per quanto possibile anche noi faremo la nostra parte.
Alle vittime, caduti e feriti, a tutti coloro che in questo momento piangono i loro cari e si interrogano sul loro futuro, che è impensabile sia fuori dai loro colli e dai loro monti, dai luoghi in cui hanno vissuto per generazioni, questi miei versi, scritti nel lontano ’68.
Sicilia, febbraio 1968
Lasciatemi scavare tra le macerie
tra il fetore dei cadaveri,
con la nausea che fa rigettare.
Lasciatemi scavare tra le macerie
con tutta la mia rabbia disperata.
La vita riprende a strisciare,
ma il grido della morte
fa scoppiare le tempie.
Antonio Vargiu