Il natale -per definizione- è il giorno di una nascita, il compimento di un’attesa “costata” ben nove mesi per la futura mamma, ma non un’attesa “passiva” o indifferente.

L’attesa.

Oggi sono ancora (solo?) le donne quelle in grado di spiegarci il significato di un’attesa: fatta di preoccupazioni, di cose e di sentimenti da preparare, di progetti da mettere in atto a partire dall’ “evento”.

Questa volta siamo in presenza di un’attesa speciale, che non avrà il suo totale compimento all’atto della nascita, ma avrà la necessità di tutta la vita “privata” del nuovo nato per una sua completa realizzazione.

Allora -ricordiamolo- era tutto un popolo, Israele, che aspettava l’ “emanuele” (dio con noi), per essere riscattato da tutti i suoi mali che, poi, sono quelli che affliggono ancora oggi tutta l’umanità.

Perché colui che ha fatto il cielo e la terra

“… rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,

il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri,
egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi…(dal salmo 145)”.

 

Il compimento.

Ecco allora come, da questo avvenimento, scaturisce e sovrabbonda la gioia. E’ finita l’attesa e il profeta può esclamare:

«Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,
che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
[Isaia…]

Per questo la festa di luci, le luminarie, le esplosioni di gioia -se scaturiscono da questa profonda consapevolezza- sono elementi necessari e della meraviglia e dello stupore legato all’avvenimento: colui che ci ha creato è con noi, per orientare il cammino dell’uomo e liberarlo da miserie e da mali che la sua condotta nella storia ha contribuito ad alimentare.

 

Chi è il salvatore.

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Ma chi è questa persona? E’ un uomo potente, un uomo ricco, un capo di stato o alla guida di formidabili armate, per ammutolire ogni oppositore?

No, è il dio creatore che si è incarnato nella nostra umanità, in una famiglia non altolocata nè privilegiata, di nobili ma decadute origini e questo per tanti è sempre stato oggetto di scandalo.

Rileggiamo, a questo proposito il vangelo di Luca, di sconvolgente attualità:

“…Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo…( Luca 2, 1-7)”.

Il presepe di oggi.

 

Nel mondo.

Ancora e dappertutto, risuona il grido di dolore di bambini innocenti uccisi nelle numerose guerre che insanguinano il nostro mondo o sfruttati o trattati come schiavi in condizioni disumane, per la guerra per il lavoro o per il sesso.

Purtroppo è sempre attuale il ricordo della strage, avvenuta tanti anni fa per mano di Erode. Tragicamente si adempì quanto detto per bocca del profeta Geremia:

Un grido è stato udito in Rama;

un pianto e un lamento grande:

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perché non sono più (Mt 2, 16-18)”.

 

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Riproponiamo, anche per quest’anno, una delle immagini già scelte per il nostro presepe del Natale 2018: una donna con bambino cacciata dal Cara di Crotone e buttata sulla strada dopo l’abolizione dei visti umanitari da parte del decreto “sicurezza” dell’allora ministro dell’interno Salvini.

“E’ finita la pacchia” lo slogan che andava per la maggiore tra le forze politiche fino a qualche mese fa al governo: la “cacciata” dei poveri e degli stranieri ne è stata l’attuazione pratica.

Pensiamo di lasciare ancora queste persone abbandonate per le strade del nostro paese?

Considerazioni finali.

Natale per i credenti

Ed ecco che arriva il Natale, dopo un periodo di preparazione all’avvenimento e di cambiamento dei nostri cuori (l’ “avvento”). Natale è il giorno del compimento delle attese e dell’entrata di dio nella storia degli uomini, è il giorno dell’Emanuele (ʼImmanuʻel-in ebraico: Dio è con noi) e di Gesù (Yeshua’ in ebraico: Dio salva).

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Natale per i non credenti

Ma anche per i non credenti la celebrazione di un “natale”, di un giorno di nascita, non può essere indifferente: è, infatti, un’occasione per superare pessimismi e fosche previsioni sul futuro, è un’occasione per ritrovare fiducia nei destini dell’umanità.

A patto che tutti ci rimettiamo in gioco e facciamo la nostra parte, perchè il cammino, come abbiamo visto e vediamo ogni giorno, è duro.

Terminiamo con due brevi considerazioni.

La prima: speriamo che si sia capito che il dibattito se fare o no il presepio a Natale è inutile e sciocco.

La risposta è semplice: nel presepe cerchiamo di attualizzare la presenza, anche fisica, di Gesù nel nostro mondo. Non è un atto di prepotenza verso nessuno, ma semmai un invito a tutti i popoli a convergere verso i più umili per abolire discriminazioni e disuguaglianze e per contribuire a realizzare la salvezza dell’umanità. Il presepio non si lascia “brandire” contro, ma è un invito ad aprirsi all’accoglienza dell’altro.

La seconda: chi è il mio prossimo?

La risposta è nel vangelo:

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“34 Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. 35 Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui forestiero e mi accoglieste, 36 fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi“. 37 Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? 39 E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?”. 40 E il Re, rispondendo, dirà loro: “In verità vi dico: tutte le volte che lavete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25, 31-46).

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