Abbiamo visto come grandi poeti contemporanei, come Franco Loi e Ernesto Cardenal, abbiano dato una propria definizione della poesia, togliendole ogni patina elitaria ed operando per fornire a tutti gli strumenti per comprendere e creare “parole poetiche”.
Nel nostro piccolo andiamo a fare una “lettura in filigrana” della poesia apparsa in quarta di copertina di “Diario (d’amore, di lotta e…)”, “I grilli”.
Nell’introduzione già c’era una raccomandazione generale di procedere ad una lettura lenta dei versi, per coglierne l’effettiva profondità.
Una prima nota: si tratta di una poesia costruita con pochi versi, quasi una miniatura.
A confronto con la tradizione lirica giapponese
Certamente la nostra poesia tradisce letture e stili, che vengono da un mondo ed un universo simbolico molto lontano da noi, il Giappone!
In particolare potremmo parlare degli haiku, da sempre una delle letture da me preferite.
L’haiku è un componimento di tre versi, rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe, tipico della tradizione poetica giapponese. Senza approfondire qui l’argomento, ne proponiamo un esempio classico:
Il pruno bianco
ritorna secco.
Notte di luna.
di Yosa Buson
Una composizione più lunga, anche se più rara è il sedoka, che consiste in due terzine di 5- 7-7 sillabe:
Alla finestra
i giorni s’allungano
ambrati e castani
alla deriva
ascolterò ancora
vecchie calde canzoni.
E’ la natura a campeggiare, l’ispirazione è quella buddista: la natura tutti e tutto comprende. Il soggetto che scrive è una parte che, più si “scioglie” nel respiro del mondo, e più trova la sua meta e la sua felicità.
Tutt’altro punto di vista è quello dell’ “io occidentale”: la natura è lo scenario “usato” per esprimere “in maniera oggettiva” i propri sentimenti. Potremmo dire che la natura “fornisce i colori” per delineare il quadro di chi scrive.