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SALVINI: STAI CON I LAVORATORI ITALIANI O CON TRUMP?

Quando si tace di fronte ad “America first”.

Una premessa: ci rendiamo conto che in quest’articolo si affrontano temi difficili, motivo per cui è necessario farne una lettura attenta. In ogni caso noi baseremo i nostri commenti unicamente sui fatti. Siccome non è possibile –nello spazio ridotto di questo articolo- trattare in maniera esauriente tutte insieme questioni di grande rilievo economico e sociale, ci riproponiamo di affrontarle gradualmente nei prossimi articoli. Uno di questi temi non potrà non essere quello del fisco, di cui il ministro degli Interni annuncia una “riforma” di tipo reaganiano, che, come è successo in America, porta a privilegiare i redditi medio/alti, senza considerare poi che il diminuito flusso di entrate porterà a ridurre ulteriormente i servizi pubblici, a partire dalla sanità, ogni anno oggetto di tagli da parte delle varie “leggi finanziarie”.

 

LO SCENARIO

 

Salvini va in America – e non sembra su mandato del Presidente del Consiglio- per incontrare il segretario di stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo. Qui, da buon “sovranista”, fa sfoggio di un perfetto allineamento alle politiche economiche (e non solo) degli Stati Uniti.

Ma, nella patria storica del sovranismo, le regole e le materie da trattare le dettano gli Stati Uniti. Il giornalista Alessandro Giuli (1) di Libero tv ne fa una buona sintesi: ad esempio, per quanto riguarda l’Europa, l’Italia deve scegliere tra Euro-America o Euro-Russia.

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Quindi l’ Euro-America deve ridurre “la dipendenza energetica dal gas naturale russo. In quest’ottica, la Tap è fondamentale perché convoglia le risorse energetiche del Mar Caspio in Puglia aumentando l’importanza strategica dell’ Italia nel progetto energetico atlantista (Southern Corridor) alternativo al NordStream2 che porta il gas russo in Germania.

Qui arriva il tasto dolente: Berlino. I rapporti Usa/Germania sono ai minimi storici. Secondo Peter Navarro, consigliere per il commercio alla Casa Bianca, il surplus commerciale tedesco di oltre 400 miliardi costituisce un attacco al bilancio federale americano. Già in piena amministrazione Obama si era consumata una rottura politica, oltreché economica, e il punto di non ritorno fu raggiunto dopo il G7 di Taormina del 2017…

Ecco perché un’ Europa carolingia a trazione teutonico-francese, modello Aquisgrana, è del tutto inaccettabile per Washington. Oltretutto il progetto di difesa europea, che di fatto consiste nel riarmo della Germania, indebolirebbe la Nato e toglierebbe centralità alle 113 installazioni militari americane sul suolo italiano”.

 

Le dichiarazioni di Salvini in America

 

E’ difficile non catalogare le dichiarazioni di Salvini come una ulteriore sfida all’Unione Europea.

“…La politica economica e fiscale  dell’amministrazione Trump “può essere un esempio e un modello per l’Italia”. Del resto “l’Italia è il più grande Paese europeo con cui gli Stati Uniti possono e vogliono dialogare; sono qui per aprire un canale che può essere enorme, e di grandissimo interesse per entrambi”.

I temi sono presto “snocciolati”

Politica estera

“Condivido le preoccupazioni dell’amministrazione americana sia nei confronti della Cina che nei confronti dell’Iran”. Poi aggiunge: “La posizione del’Italia con l’Iran è già cambiata: nessuno si può permettere di dire di voler cancellare uno stato dalla faccia dalla terra, come Israele, e avere relazioni normali  (ma l’accordo sul nucleare non serviva forse a disinnescare pericolose spinte aggressive? e se non va bene un accordo, siamo anche noi pronti a partecipare ad una guerra contro l’Iran? – ndr). Quanto alla Cina, “il business non è tutto. Porta benefici a medio termine che poi possono diventare una gabbia. La penso come Trump sulla sicurezza, e sui dati degli italiani e la loro sicurezza non si transige”.

F35

Sugli F35 “credo che gli accordi sottoscritti non si possono rimangiare. Investire in ricerca coinvolgendo forza lavoro italiana è assolutamente utile”.

Flat tax

“Le risorse per la flat tax ci devono essere. Non è una scelta: al massimo si possono rimodulare i tempi”. Ma sul tema economico le parole del vicepremier si fanno via via più dure: “L’Unione Europea ha ammazzato un popolo e spalancato le porte alla Cina. L’Italia non è la Grecia e Bruxelles se ne farà una ragione. Faccio parte di un governo che in Europa non si accontenta più delle briciole”.

Questo significa andare ad uno scontro frontale con l’Unione Europea non rispettando i patti sottoscritti all’entrata nell’Unione Monetaria?

Si vuole uscire dall’euro, con tutte le conseguenze del caso (più povertà per le classi popolari, più possibilità di speculazione per chi è già ricco)? 

Rapporti con la Russia

“Sarebbe un errore strategico sia commerciale sia geopolitico allontanare la Russia dall’occidente per lasciarla nelle braccia dei cinesi. Bisogna fare di tutto per riportarli al tavolo e io preferisco ragionare che tornare all’asse Mosca-Pechino” (dichiarazione fatta prima dell’apertura dell’inchiesta da parte della magistratura italiana sulla cosiddetta “Moscopoli”).

UN FATTO NUOVO: DRAGHI PRONTO A METTERE IN CAMPO  IMPORTANTI MISURE MONETARIE.

 

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Se qualcuno pensava che il Presidente della Bce avrebbe aspettato la fine imminente del suo mandato adagiandosi su una “normale amministrazione” si è dovuto ricredere.

Difatti, in contemporanea con la visita di Salvini in America, aprendo il Forum dei banchieri centrali a Sintra, in Portogallo, Draghi (2) ha affermato che la Banca Centrale Europea è pronta a intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione se l’inflazione resterà sotto gli obiettivi (ovvero non raggiungerà il 2%).

Come? Con il cosiddetto Quantitative easing (3) varato dalla Banca centrale europea come programma di acquisto dei titoli di Stato, che «ha ancora notevoli margini» e con l’eventuale taglio dei tassi di interesse.

Per il presidente della Bce, il Trattato richiede che «i limiti che noi stabiliamo per ciò che riguarda i nostri strumenti siano specifici in relazione alle contingenze che ci troviamo ad affrontare». In altre parole, la Bce non avrà paura di usare qualsiasi strumento in suo potere per affrontare l’emergenza.

Ma Draghi ha anche ricordato che la politica monetaria e i suoi strumenti non possono essere i soli ad essere utilizzati:«la politica di bilancio deve giocare il suo ruolo fornendo uno stimolo all’economia quando questa è debole, e non lasciando alla sola Bce questo compito». Nell’ultimo decennio, «l’aggiustamento macroeconomico è toccato in modo sproporzionato alla politica monetaria. Abbiamo persino visto casi in cui la politica fiscale è stata pro-ciclica andando in direzione contraria allo stimolo monetario». E le prospettive dell’economia europea non sono buone. «Guardando in avanti, lo scenario dei rischi rimane negativo, e gli indicatori per i prossimi trimestri indicano una debolezza persistente.«Non si sono dissipati quei rischi evidenti durante tutto lo scorso anno, in particolare i fattori geopolitici, la crescente minaccia del protezionismo e le vulnerabilità dei mercati emergenti».

 

TUTTI CONTENTI? NO, TRUMP NON CI STA!

 

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Ed arriva, allora, il solito Twitter del presidente americano:  «Mario Draghi ha appena annunciato che potrebbero arrivare altri stimoli (all’economia europea, ndr), che hanno immediatamente fatto scivolare l’euro rispetto al dollaro. Così, per gli europei diventa ingiustamente (sic!) più facile competere con gli Stati Uniti. Sono anni che vanno avanti così, con la Cina ed altri Paesi».

In sostanza Trump si lamenta perché l’Europa mette in piedi politiche –in questo caso monetarie- volte a proteggere e favorire la propria economia, compresa quella italiana,  ingiustamente lui dice (a questo proposito sarebbe molto istruttivo andarsi a rileggere la favola del lupo e dell’agnello di Fedro!(4)).

DA SALVINI UN ASSORDANTE SILENZIO.

Quello che colpisce dopo questo scontro Europa-America è il silenzio del segretario della Lega.

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Eppure Draghi si sta muovendo nella direzione che gli economisti amici di Salvini, quando non impegnati a giocare a monopoli con i “mini-bot”, dicono di volere: aumentare la liquidità monetaria e svalutare la propria moneta. Farlo da soli sarebbe folle: la  “barchetta” Italia nelle acque agitate della finanza internazionale farebbe la fine di molti paesi sudamericani, con inflazione incontrollata e a cifre per noi attualmente impensabili.

Una svalutazione controllata dell’euro dà invece molti benefici: soprattutto per le esportazioni e per l’industria italiana.

Perché invece Salvini adesso non parla? Eppure migliorare le ragioni di scambio e rimettere in moto la nostra economia è essenziale per i nostri lavoratori.

Noi siamo dalla loro parte, ma Salvini da quale parte sta?

 

DICHIARAZIONI DI DRAGHI:UN EFFETTO IMMEDIATO.

Il Sole 24 on line del 18 giugno 2019 segnala, subito dopo le dichiarazioni di Draghi, una reazione euforica delle borse e un indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro. Nei rapporti intereuropei da registrare un immediato e significativo calo dello spread nei confronti dei Bund tedeschi, tutte notizie positive per la nostra industria. Ma, guarda caso, qualcuno si è affrettato a fare dichiarazioni di sfida alla UE: Salvini. Conseguenza: lo spread è tornato a salire!

MA PARLIAMO DI FATTI CONCRETI: Andiamo a vedere il DIAGRAMMA DELLO SPREAD (4) tra BTp italiani (Buoni del Tesoro poliennali) e BUND (corrispondenti titoli di Stato tedeschi a medio lungo periodo).

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Diagramma tratto da Il Sole 24 ore

In questo diagramma si può vedere l’effetto delle dichiarazioni (e delle decisioni) di Draghi:

– dal 17 giugno lo spread inizia a scendere per le voci, poi confermate, del rilancio del quantitative easing;

– dichiarazioni “spiritose” di alcuni nostri “governanti” lo fanno momentaneamente risalire,

– ma, alla fine, è decisivo l’accordo tra Italia e Unione Europea -3 luglio 2019- per bloccare la procedura di infrazione avviata: lo spread decisamente e oggi è a livelli, anche se di poco, precedenti alla costituzione del governo Conte (sic! proprio così, ci siamo bruciati una dote importante per il nostro paese e che poteva essere impiegata per ben altri fini!).

 

MA QUESTO NON CANCELLA IMMEDIATAMENTE GLI EFFETTI PESANTI E DURATURI SULLA NOSTRA ECONOMIA.

L’aumento dello spread frena la crescita economica dell’Italia e la rende vulnerabile nel settore bancario e finanziario, con ricadute negative su famiglie ed imprese.

Questa affermazione non è stata fatta da un qualsiasi dilettante o anche professore di economia, ma sono la sintesi della dichiarazione fatta dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco (31 maggio 2019), sull’aumento dei tassi dei titoli di Stato italiani. Aumento che ha un effetto diretto sul Pil: “Si stima – dice Visco – che a parità di altre condizioni, e senza tenere conto degli effetti negativi sulla fiducia di famiglie e imprese, rendimenti delle obbligazioni pubbliche di 100 punti base più alti determinino una riduzione del prodotto dello 0,7 per cento nell’arco di tre anni”.

Di seguito riportiamo un’analisi dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano.

 

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Quanto ci è già costato e quanto ci costerà l’aumento dello spread?

di Osservatorio CPI

Dopo l’accordo con l’UE lo spread è sceso a 250-260 punti base. Resta però più elevato del livello della prima metà di maggio (130 punti). Inoltre, nel periodo giugno-novembre sono stati emessi titoli con spread anche più elevati e su questi, indipendentemente da quello che accadrà in futuro ai tassi di interesse, si pagheranno interessi più elevati di quanto sarebbe stato ipotizzabile a inizio maggio. Abbiamo quindi aggiornato le nostre stime del maggior costo del debito pubblico dovuto all’aumento dello spread. Queste stime (espresse in miliardi di euro) sono riassunte nella tavola seguente.

La prima riga indica la maggior spesa di interessi per il 2018 e i prossimi anni ipotizzando che lo spread resti a un livello di 250 punti base (rispetto alla spesa che si sarebbe verificata se lo spread fosse rimasto al livello della prima metà di maggio). Rispetto a stime precedenti (quando lo spread era intorno ai 300 punti base), la stima della maggiore spesa è scesa: per il 2019 l’aggravio è di circa 4 miliardi (contro una precedente stima di 5-6 miliardi), che crescono a 6,6 miliardi nel 2020 e a 8,6 miliardi nel 2021.

La seconda riga indica il maggior costo per i titoli che sono stati già emessi e che quindi non sarebbero più recuperabili anche se lo spread scendesse ulteriormente. La maggior spesa per il solo 2019 è di 1,5 miliardi. Per il quadriennio 2018-21 la maggior spesa cumulata è di oltre 4 miliardi.

 

NOTE

(1) Alessandro Giuli, tv/liberoquotidiano.it, 17 giugno 2019.

(2) Mario Draghi, Sintra 18 giugno 2019.

(3) Dalla Treccani prendiamo l’esatta definizione di “quantitative easing” (alleggerimento quantitativo): espressione inglese che così individua la politica messa in atto dalle Banche Centrali per “creare moneta” mediante l’acquisto di titoli di Stato o altre obbligazioni sul mercato…Aumentando la quantità di denaro prestata agli istituti di credito attraverso operazioni di mercato aperto (transazioni in borsa a sostegno della moneta nazionale la BC fornisce liquidità al sistema quando i prestiti concessi a famiglie e imprese calano pericolosamente per numero e consistenza (ammesso e non concesso che gli istituti di credito usino i liquidi ricevuti per finanziare i privati invece di depositarli presso la stessa Banca centrale)…

(4) Gaio Giulio Fedro (20/15 a.C. circa – 51 d.C.ca.) è stato uno scrittore romano autore di celebri favole, attivo nel I secolo.

 

 

 

 

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