- Eugenio Scalfari e i “lirici greci”: un “confronto” con l’artista siciliano.
Stavo iniziando a scrivere un secondo articolo su Saffo, i lirici greci e Quasimodo, dopo quello che ha inaugurato il primo numero del sito (1), che in maniera del tutto casuale mi sono imbattuto in uno scritto di Eugenio Scalfari sul “suo” L’Espresso intitolato “Saffo? No, Quasimodo”(2).
Detto che il titolo del nostro articolo ha anche lo scopo di sgombrare il campo da ogni possibile polemica ed equivoco sulla valutazione complessiva dell’opera del poeta siciliano, è interessante riportare la testimonianza diretta di un incontro tra i due, con al centro proprio il libro di Quasimodo contenente la traduzione dei lirici greci.
Racconta Scalfari:
“ …Vivevo a Roma, ma andavo spesso a Milano che per molto tempo è stata la mia seconda patria. Frequentavo la Casa della cultura, i dibattiti che vi si svolgevano…Spesso pranzavo lì, era frequentato da personaggi di grande interesse a cominciare da Eugenio Montale da Carlo9 Bo da Titta Madia. Quando veniva dalla Sicilia c’era pure Salvatore Quasimodo”.
“…mi piaceva molto, così lo conobbi e diventammo amici. Lui sperava da tempo d’ottenere il premio Nobel ma aveva però dei concorrenti, tra i quali ricordo Montale e Moravia…Uno di quei giorni, tra un boccone e l’altro, mi fece una strana domanda…:”Secondo te qual è il mio libro migliore?”. La domanda mi sorprese. “Perché mi chiedi questo?”, gli risposi. E lui:”Sei più giovane di me e fai un altro mestiere, ma sei un mio lettore…Ci rivedremo qui domani e mi darai la tua risposta, ci tengo molto”. Gli risposi:”Non ho bisogno di pensarci affatto, te lo dico subito: i lirici greci da te tradotti”.
“E’ una traduzione, non un’opera mia”, ribattè Quasimodo, ma Scalfari gli replicò –alla fine convincendolo- che quella era un’opera originale:”…E’ un’opera assolutamente tua, Saffo e gli altri sono la materia prima di cui ti servi ma dalla materia prima esce un prodotto compiuto e l’autore è Quasimodo”.
- Il Nobel e le polemiche.
Alla fine -nel 1959- il poeta ottenne il premio Nobel per la letteratura, con mugugni e gelosie espresse –tra l’altro- anche da importanti nostri poeti del novecento, come Giuseppe Ungaretti, che – noto per il suo carattere focoso- lo bollò addirittura come “un pappagallo e un pagliaccio” subito dopo la conquista del premio.
Le critiche meno pesanti attribuirono la scelta dell’Accademia svedese proprio alle sue capacità di traduttore, spesso con l’intento di sminuirne il valore di poeta.
Per la sua biografia vi rinviamo ai numerosi libri scritti su di lui. Per adesso diciamo che è stato un esponente di rilievo dell’ermetismo, che poi ha avuto un’evoluzione verso nuove espressioni poetiche e che ha contribuito alla traduzione di testi classici, tra i quali soprattutto il suo importante libro dedicato ai lirici greci.
- . Alcune liriche greche (3).
Di seguito riportiamo la traduzione di alcune poesie di Saffo (la più famosa”A me pare uguale agli dei” la potete trovare sul numero del sito citato).
L’amore, il desiderio, il senso della perdita delle persone più care, del tempo che passa: sono questi i sentimenti che potete ritrovare, espressi in maniera mirabile,
Tramontata è la luna
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
Plenilunio
Gli astri d’intorno alla leggiadra luna
nascondono l’immagine lucente,
quando piena più risplende, bianca
sopra la terra.
Vi proponiamo una delle più belle poesie di Saffo, che, ricordando l’amica lontana, non parla forse oggi anche a noi?
Ad Attide
ricordando l’amica lontana
Forse in Sardi
spesso con la memoria qui ritorna
nel tempo che fu nostro: quando
eri Afrodite per lei e al tuo canto
moltissimo godeva.
Ora fra le donne Lidie spicca
come, calato il sole,
la luna dai raggi rosa
vince tutti gli astri, e la sua luce
modula sulle acque del mare
e i campi presi d’erba:
e la rugiada illumina la rosa,
posa sul gracile timo e il trifoglio
simile a fiore.
Solitaria vagando, esita
e a volte se pensa ad Attide:
di desiderio l’anima trasale,
il cuore è aspro.
E d’improvviso: “Venite!” urla;
e questa voce non ignota
a noi per sillabe risuona
scorrendo sopra il mare.
Quale dolce mela
Quale dolce mela che su alto
ramo rosseggia, altasul più
alto; la dimenticarono i coglitori;
no, non fu dimenticata: invano
tentarono raggiungerla…
(1 ) “Diario d’amore, di lotta e…n.1”, settembre 2014.
(2) “Saffo? No, Quasimodo”, Eugenio Scalfari, L’Espresso 28 agosto 2016.
(3) Dal libro Lirici greci, Salvatore Quasimodo, Edizione speciale per Il Corriere della sera, su licenza Arnoldo Mondadori editore, Milano 2004.