La Siria è un paese attualmente in pericolo di scomparire come entità statuale e politica, almeno come l’avevamo conosciuta fino a qualche anno fa. Era un crogiolo di popoli, di religioni, di esperienze e di culture dalle molte origini e forme. La guerra non solo la sta dilaniando, ma ha anche scavato profonde divisioni e fatto erigere steccati, il cui abbattimento è difficile oggi anche solo prevedere.
Purtroppo non ci fanno essere ottimisti neppure esperienze recenti fatte in Europa: la Bosnia Erzegovina che aveva in Sarajevo, la sua capitale, un modello di convivenza vive oggi tra le macerie, non tanto o solo materiali, ma soprattutto dei rapporti tra popolazioni che, più che alla convivenza, mirano oggi ad affermare fantomatiche purezze etniche e predominio su territori.
Per questo ci sembra importante far conoscere voci culturali in netta opposizione a questa deriva, poeti che hanno pagato di persona l’aspirazione ad un paese libero e democratico.
Tra queste voci oggi vogliamo parlare di Faraj Bayrakdar , un poeta siriano originario di Homs, che ha passato quasi 14 anni nelle carceri del regime di Hafez al-Assad, padre dell’attuale presidente Bashar. Nato nel 1951, è stato incarcerato nel 1987 con l’accusa di essere membro del partito comunista; il primo processo si è svolto però solo nel 1993, dove è stato condannato a 15 anni di lavori forzati.
Scarcerato nel novembre 2000, ora vive in Svezia dove ha ottenuto asilo politico. Qui di seguito riportiamo alcune sue belle e significative poesie.
Connivenze
C’è chi si nasconde dietro Dio
e Dio dietro di lui
solo noi teniamo
il cuore alto
come un bersaglio.
Carcere militare di Sednaia, 1995.
da Il luogo stretto, Edizioni Nottetempo, traduzione di Elena Chiti
Diagnosi
L’amante con metà cuore
perché ha regalato l’altra
all’amore.
Il boia con due cuori
il primo:
per odiare gli altri sino alla fine
e il secondo:
per odiare se stesso sino alla fine
Accade che a volte si stanchi
e sia costretto a lavorare
con un cuore solo.
Carcere militare di Sednaia, 1993.
da Il luogo stretto, Edizioni Nottetempo, traduzione di Elena Chiti.
35
No
non Dio
ma donna
color di frumento e carruba
donna
tra caffè e latte
anzi tra silenzio e parola.
Di mattina m’insegna la rosa
e prima che sia notte alta
m’insegna la tempesta.
da Specchi dell’assenza, raccolta di testi redatti tra il 1997 e il 2000, pubblicata nel 2005 in Siria, ma mai distribuita, traduzione di Elena Chiti. Queste notizie sono state tratte dall’articolo poesie da un carcere siriano, Il Sole 24 Ore, 3 settembre 2017.
31
Va bene, Dio, bene
questa è la Siria
ma dove ti inviamo le condoglianze
e con quali nuvole piangerai
con quali nuvole?
da Specchi dell’assenza, raccolta di testi redatti tra il 1997 e il 2000, pubblicata nel 2005 in Siria, ma mai distribuita, traduzione di Elena Chiti. Queste notizie sono state tratte dall’articolo poesie da un carcere siriano, Il Sole 24 Ore, 3 settembre 2017.