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Il natale -per definizione- è il giorno di una nascita, il compimento di un’attesa “costata” ben nove mesi per la futura mamma, ma non un’attesa “passiva” o indifferente.

L’attesa, tra tempeste annunciate e speranze.

Un’attesa, oggi (come spesso), in mezzo alla bufera: siamo al secondo anno della pandemia provocata dal covid, un’ulteriore tragedia per l’umanità.

E’ l’anno della fine dell’illusione di un facile ritorno alla vita di prima, lontana oramai anni luce.

Il mondo che all’inizio è sembrato ricompattarsi per far fronte al nuovo disastro, s’è invece ulteriormente, e sembra in maniera irreversibile, spaccato profondamente.

La rottura principale è tra paesi ricchi, in grado di acquistare senza problemi i vaccini necessari, e paesi poveri che non hanno questa possibilità.

Ma un’altra frattura si è aperta all’interno dei paesi ricchi: quella tra chi (la stragrande maggioranza) segue le indicazioni delle autorità sanitarie per bloccare al più presto la diffusione della pandemia (o almeno limitarne i danni) e, quindi, si è vaccinata, e chi non vuole accettare –a prescindere- limitazioni alla propria libertà personale, nonostante la presenza letale del virus.

Un solco di odio, trainato dai social media, sta avvelenando i rapporti sociali.

L’Emanuele (= dio con noi) (1).

In tutto questo qual è il messaggio del natale, dell’Emanuele, oggi? E’ sempre quello di chi –all’interno della creazione- vuole ancora sottolineare la fiducia nell’uomo.

Oltre il “pessimismo cosmico”.

“E Dio creò l’uomo, maschio e femmina li creò, e vide che era una cosa buona (2)”.

La fede nella capacità dell’uomo di custodire e governare la natura senza violentarla è una fede che dovrebbe accumunare laici e credenti ed è il discrimine tra chi accetta aprioristicamente che tutto vada a rotoli e chi invece –anche nel suo piccolo- si impegna a realizzare il destino dell’umanità, quello di liberarsi, di emanciparsi dalla carica di violenza presente nella natura e dentro di noi e che va considerato come il nostro peccato di origine.

Ma questo non sarà comunque possibile senza una seria riflessione sulle nostre colpe, a partire da un pessimo rapporto (di sfruttamento) con la natura, da cui è scaturito il flagello del virus.

Noi cristiani, però, non vogliamo che il mondo torni semplicemente quello di prima, con le sue guerre, con le sue crescenti disuguaglianze, con i suoi milioni di nuovi poveri.

Sentiamo il bisogno di ascoltare una persona che ci indichi di nuovo la giusta strada, di una stella che guidi i nostri passi.

Torna allora l’attesa dell’Emanuele.

Più di 2000 anni fa era tutto un popolo, Israele, che aspettava l’”unto del signore” ( il messia)  per essere riscattato dai suoi mali che, poi, sono quelli che affliggono ancora oggi tutta l’umanità.

Perché colui che ha fatto il cielo e la terra

“… rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,

il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri,
egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi…(dal salmo 145)”.

 

Il compimento.

Ecco allora come, da questo avvenimento, dal natale del signore, scaturisce e sovrabbonda la gioia. E’ finita l’attesa e il profeta può esclamare:

«Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,
che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
[Isaia…]

Risentire oggi questo annuncio pacifichi i nostri cuori, ci risollevi dalla paura, ci infonda il coraggio necessario per cambiare la nostra vita, ci faccia portare un po’ di gioia e di speranza a chi ci sta vicino.

 

Chi è il salvatore.

    

Ma chi è questa persona? E’ un uomo potente, un uomo ricco, un capo di stato o alla guida di formidabili armate, per ammutolire ogni oppositore?

No, è il dio creatore che si è incarnato nella nostra umanità, in una famiglia non altolocata nè privilegiata, di nobili ma decadute origini e questo per tanti è sempre stato oggetto di scandalo.

Rileggiamo, a questo proposito il vangelo di Luca, di sconvolgente attualità:

“…Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo…( Luca 2, 1-7)”.

Il presepe di oggi.

Nel mondo.

Ancora e dappertutto, risuona il grido di dolore di bambini innocenti uccisi nelle numerose guerre che insanguinano il nostro mondo o sfruttati o trattati come schiavi in condizioni disumane, per la guerra per il lavoro o per il sesso.

Purtroppo è sempre attuale il ricordo della strage, avvenuta tanti anni fa per mano di Erode. Tragicamente si adempì quanto detto per bocca del profeta Geremia:

Un grido è stato udito in Rama;

un pianto e un lamento grande:

Rachele piange i suoi figli

e non vuole essere consolata,

perché non sono più (Mt 2, 16-18)”.

 

                 

Ma vittime di violenze e sopraffazione continuano ad essere anche le donne, troppo spesso violentate ed umiliate, anche se sono e continueranno ad essere la spina dorsale della nostra vita sociale.

In Italia

Riproponiamo, anche per quest’anno, una delle immagini già scelte per il nostro presepe del Natale 2018: una donna con bambino cacciata dal Cara di Crotone e buttata sulla strada dopo l’abolizione dei visti umanitari da parte del decreto “sicurezza” dell’allora ministro dell’interno Salvini.

“E’ finita la pacchia” lo slogan che andava per la maggiore tra le forze politiche: la “cacciata” dei poveri e degli stranieri ne è stata l’attuazione pratica.

Pensiamo di lasciare ancora queste persone abbandonate per le strade del nostro paese?

 

 

Natale per i credenti

Ed ecco che arriva il Natale, dopo un periodo di preparazione all’avvenimento e di cambiamento dei nostri cuori (l’ “avvento”). Natale è il giorno del compimento delle attese e dell’entrata di dio nella storia degli uomini, è il giorno dell’Emanuele (dio è con noi) e di Gesù (Yeshua’ in ebraico: dio salva).

Natale per i non credenti

Ma anche per i non credenti la celebrazione di un “natale”, di un giorno di nascita, non può essere indifferente: è, infatti, un’occasione per superare pessimismi e fosche previsioni sul futuro, che oggi ci appare oscurato dalla scia di morti e di fratture sociali procurate dalla pandemia.

 

Allora è necessario che tutti ci rimettiamo in gioco in uno sforzo solidale –senza meschini calcoli di vantaggi di parte- e facciamo la nostra parte, perchè il cammino sarà comunque  duro.

Terminiamo ponendoci una domanda, chi è il mio prossimo?

 

La risposta è nel vangelo:

“34 Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. 35 Poiché ebbi fame e mi deste da mangiareebbi sete e mi deste da berefui forestiero e mi accoglieste, 36 fui ignudo e mi rivestistefui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi“. 37 Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? 39 E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?”. 40 E il Re, rispondendo, dirà loro: “In verità vi dico: tutte le volte che lavete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me” (Matteo 25, 31-46).

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  • immanu’el, cioè עִמָּנוּאֵל, composto dalle parole: אל (El, che significa “Dio”) e עמנו (Immanu, cioè “con noi”).
  • Da Genesi 1.

 

 

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