di Antonio Vargiu
Come al solito non daremo molto spazio al nostro commento personale, ma cercheremo di introdurre i lettori al mondo poetico di questa donna americana (1), che ci porta a condividere il tema dello stretto rapporto tra uomo e natura, di cui Mary Oliver è stata definita come “intensa e gioiosa osservatrice” (2).
Infatti le sue poesie sono spesso “popolate” da cigni, orsi bruni, cavallette e oche selvatiche e “immerse” in foreste, montagne e fiumi. All’uomo non resta altro che “dichiarare pace” a sè stesso e agli altri uomini, accostandosi e vivendo in profonda armonia con la natura.
Come sottolineavano Antonio Spataro ed Elena Buia (3):
“Mary Oliver è una delle poetesse più lette e amate negli Stati Uniti. È autrice di una poesia chiara e diretta, che trae ispirazione dal mondo della natura: il suo sguardo si posa sul mondo, restituendone una visione gioiosa e pacificante, percependo, a partire dal dato concreto, l’eco dell’inizio, il richiamo della creazione.
Il suo successo è dovuto all’uso di un linguaggio diretto e colloquiale e di uno stile nitido e semplice, tramite i quali la voce della poetessa, dopo aver interpretato le immagini viste o i suoni uditi, si rivolge immediatamente al lettore. L’appello è a rimettersi in gioco, a rivedere interamente la propria vita, a recuperarne autenticità e immediatezza, abbandonando direzioni false e obiettivi sbagliati. Si tratta inoltre di una poesia dalla profonda spiritualità della gratitudine, che dà voce a un’anima sintonizzata, tramite il contatto con la natura, sulla frequenza d’onda della trascendenza”.
Ma non solo, c’è anche una profondità interiore, che ritroviamo, ad esempio, nella raccolta Thirst (sete) e, in particolare, nella poesia The uses of sorrow (le utilità della sofferenza), che è tra quelle che vi presentiamo in questo articolo.
A questo proposito riportiamo il commento postato sul suo sito da ophelinhap (4):
“In quattro versi, Mary Oliver riesce a sintetizzare, con un’immediatezza che risuona in ogni sillaba di un dolore freddo e vuoto – simile al rumore che fa un centesimo che cade in una lattina vuota – una condizione di cui non siamo più bravi a parlare, uno stato d’animo che cerchiamo di abbellire costantemente, rivestendolo di una patina dorata per non vederne la ruggine. Non si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, o di esercitare la tanto decantata mindfulness (consapevolezza -ndr), di praticare più o meno complicati giochi della felicità o di cercare – solitamente per condividerli sui social – motivi per cui essere grati: Mary Oliver ricorda al lettore… che a volte si ricevono colpi talmente forti ed inaspettati che nemmeno il pugile più esperto ed allenato riuscirebbe a prevederli. Delusioni inflitte da una persona cara, che lasciano senza fiato, peggio di un pugno allo stomaco. Fallimenti professionali o personali, che stendono peggio di un pugno sui denti, tanto per rimanere nella metafora agonistica.
Possibilità che giungono travestite da pacchi regalo, ma che, una volta aperte, si rivelano piene di vuoti, ché se fossero semplicemente vuote sarebbe più facile. E ci si ritrova, soli, a contemplare l’oscurità in fondo alla scatola. Sconfitti, almeno momentaneamente, almeno apparentemente. Perché, come la Oliver insegna, forse non ha sempre senso ricoprire il buio di glitter, chiamarlo con altri nomi per esorcizzarlo, trasformarlo, camuffarlo, evitarlo, nasconderlo. A volte bisogna semplicemente sedersi, al buio, da soli, e accettare di essere pervasi dal contenuto di quella scatola, per imparare a non averne paura…Per diventare più forti. Per imparare da un dolore che un giorno, forse, potrebbe tornare utile…”.
LE OCHE SELVATICHE *
Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
Per centinaia di miglia nel deserto, pentendoti.
Devi solo lasciare che il delicato animale del tuo corpo
ami ciò che ama.
Parlami della disperazione, la tua, e io di parlerò della mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e i luminosi sassolini della pioggia
Si stanno spostando attraverso il paesaggio,
sopra le praterie e gli alberi profondi,
le montagne e i fiumi.
Intanto le oche selvatiche, alte nella pulita aria blu,
si stanno ancora dirigendo verso casa .
Chiunque tu sia, non importa quanto tu sia solo,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti chiama come le oche selvatiche, dure ed eccitanti
annunciando ripetutamente il tuo posto
nella famiglia delle cose.
Giorno d’estate (Mary Oliver)
Chi ha fatto il mondo?
Chi ha fatto il cigno e l’orso bruno?
Chi ha fatto la cavalletta?
Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori dall’erba,
che sta mangiandomi lo zucchero in mano,
che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù
e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.
Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.
Ora apre le ali di scatto e vola via.
Non so esattamente che cosa sia una preghiera;
so prestare attenzione, so cadere nell’erba,
inginocchiarmi nell’erba,
so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,
è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.
Dimmi, che altro avrei dovuto fare?
Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?
Dimmi, che cosa pensi di fare
della tua unica vita, selvaggia e preziosa?
Dichiara pace
Dichiara pace al tuo respiro.
Inspira uomini d’arme e attrito, espira edifici interi e stormi di merli dalle ali rosse.
Inspira terroristi ed espira bambini che dormono e campi appena falciati.
Inspira confusione ed espira alberi di acero.
Inspira quanto è caduto ed espira amicizie di tutta una vita ancora intatte.
Dichiara pace con il tuo ascolto: quando senti sirene, prega ad alta voce.
Ricorda quali sono i tuoi strumenti: semi di fiori, spilli da vestiti, fiumi puliti.
Prepara una minestra.
Fai musica, impara come si dice grazie in tre lingue diverse.
Impara a fare la maglia, e fai un cappello.
Pensa al caos come mirtilli che danzano, immagina il dolore come l’espirazione della bellezza o il gesto del pesce.
Nuota per andare dall’altra parte.
Dichiara pace.
Il mondo non è mai apparso così nuovo e prezioso.
Bevi una tazza di tè e rallegrati.
Agisci come se l’armistizio fosse già arrivato.
Non aspettare un altro minuto.
Dichiara pace (Mary Oliver)
Le utilità della sofferenza **
(Mentre dormivo ho sognato questi versi)
Una persona che amavo mi ha dato una volta
una scatola piena di buio.
Ci sono voluti anni perché capissi
che anche quello era un dono.
* Le poesie sono tratte dal sito “Sentimenti e passioni“, articolo di Manuela Valletti Ghezzi, martedì 31 marzo, 2015.
** Questa poesia è stata tratta dal sito di ophelinhap.
(1) Mary Oliver (Maple Heights, Ohio, 10 settembre 1935, Hobe sound, Florida, 17 gennaio
2019) è una poetessa statunitense.
Negli anni cinquanta ha frequentato sia l’Ohio State University che il Vassar College senza
conseguirvi diplomi. Ha abitato a Provincetown, Massachusetts, per più di quarant’anni. Tra
i numerosi premi ricevuti ricordiamo il Premio Pulitzer per la poesia nel 1984 per la raccolta
America Primitive.
(2) Manuela Valletti Ghezzi , dal sito “Sentimenti e passioni, martedì 31 marzo, 2015.
(3) La Civiltà Cattolica, quaderno n. 3960, 27 giugno 2015.
(4) Ophelinap, dal sito “Impressions chosen from another time, Frammenti di letteratura,
poesia, impressioni”, 8 settembre 2016.