Innanzitutto chiariamo una cosa: la nostra critica non è sul versante politico, ma su quello della poesia e, in particolare, sulla cattiva considerazione che ha di Leopardi, un poeta, che -come anche lei ricorda- ha avuto molto a che fare, nella sua breve vita, con la Campania.
E’ un errore grave, sig. De Luca (una volta ci chiamavamo compagni, ma i tempi e le frequentazioni -nella sua coalizione abbiamo appreso sono entrati certi “soci” di estrema destra- ci invitano ad una certa prudenza), è un errore grave -dicevamo- usare l’aggettivo “leopardiano” per indicare un’opposizione che, per così dire, “ama i deserti” (vedi l’intervista alla trasmissione “in 1/2 ora” di Lucia Annunziata, Rai tre, 7 giugno 2015), citando, a nostro parere a sproposito, “La ginestra”.
La domanda che ci viene spontanea è chi è quel professore che l’ha introdotto alla conoscenza del poeta, crediamo nei suoi studi liceali. Probabilmente di Leopardi ne è stato presentato un ritratto molto stereotipato: il pessimismo dell’infelice, in quanto deformato dalla sua malattia, che vede il mondo, quindi, con queste lenti scure, che ama isolarsi, che ama il deserto ecc.
Se si è fermato a questo, come la battuta in televisione suggerisce, è evidente che lei Leopardi non lo conosce davvero.
Approfitto, quindi, di questa occasione per fare -in maniera molto sintetica- degli accenni ad altri aspetti molto importanti della sua poesia e delle sue convinzioni.
Innanzitutto Leopardi era, nonostante la sua condizione fisica, amante della natura e della sua bellezza.
Voglio citare, ad esempio, “La sera del dì di festa”. Certo il tema di questo “canto” è “l’infelicità del poeta e il suo senso di esclusione alle gioie della giovinezza e il distruttivo passare del tempo che annienta ogni opera umana”.
Ma non bastano queste considerazioni ad appannarne l’inizio, tutto musica ed incanto:
LA SERA DEL DÍ DI FESTA
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
5giá tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, ché t’accolse agevol sonno…
Andando, poi, all’analisi de “La ginestra”, certamente qui la natura è vista come matrigna e certamente c’è un grande contraddizione con il brano citato sopra: la lava del Vesuvio distrugge quanto l’uomo ha costruito in centinaia di anni con una potenza, alla quale l’uomo sembra non poter far fronte.
Ma, se leggiamo la poesia fino in fondo, non emerge affatto un desiderio di “distruzione e di deserto”, ma, invece, un appello alla fraternità e alla solidarietà tra gli uomini, proprio perchè devono affrontare forze troppo superiori alla singola comunità. Un messaggio, quindi, che, se attualizzato, non dovrebbe essere distante da un movimento o un partito che si senta e si voglia dichiarare “di sinistra”.
Infine un piccolo consiglio: la lettura di una breve “operetta morale”, Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere.
E’ un buon un antidoto rispetto a tutti quei politici che promettono novità, ma senza chiarirne i contenuti: l’anno nuovo in quanto tale è sempre migliore del precedente, dice il venditore di almanacchi. L’analisi a posteriore si incarica, purtroppo, di smentire, troppo spesso, questa affermazione e di svelare l’ingenuità di questa convinzione.
Una lettura serale di questa “operetta morale” gioverebbe a tutti, politici e non.
Antonio Vargiu