di Antonio Vargiu
Le poesie di questo articolo non sono dedicate solo ad un mese specifico dell’anno, nel nostro caso agosto.
I mesi dell’estate, però, sono caratterizzati dal dare più occasioni alla gente comune di andare oltre i soliti ritmi di una vita scandita dal lavoro e dal desiderio di recuperare energie.
Parlare dell’estate significa, per la maggior parte di noi, parlare di “ferie”, cioè di una disponibilità di giorni a nostra disposizione per fare qualcosa di diverso: riposo sì, ma anche desiderio di vivere e vedere cose nuove.
Perché quindi non cogliere l’occasione di “tuffarsi” nel buio della notte allontanandosi dalle grandi città, inquinate dalle luci artificiali? Perché non trovare un modo per alzare gli occhi e fermarsi ad osservare lo splendore delle stelle?
Ecco che, ancora una volta, riproponiamo una piccola antologia di poesie, di classici e di moderni, dedicate al cielo stellato e alle riflessioni, ispirate dalla sensibilità di artisti, per lo più moderni.
Nei versi potrete trovare una serie di riflessioni sul senso della nostra vita su questa terra, a partire dal rapporto tra la nostra piccolezza e l’immensità dello spazio.
Buona lettura!
Giuseppe Grattacaso (1)
La luce dei bicchieri e delle stelle
Quello che più mi ha colpito è il senso della luce, che anima le cose grandi e lontane (le stelle), ma dà vita anche alle umili cose che usiamo tutti i giorni (i bicchieri, le posate, le sedie ecc.): un punto di vista molto originale e con un suo fascino.
La vita dei bicchieri e delle stelle,
tutta gentile e tutta risplendente
brillante di gas elio o detergente,
è quello che noi siamo e non sappiamo,
bagliore nello spazio quotidiano,
l’immediato presente e il più lontano,
è l’esistenza senza alcun confine
nell’universo, il gesto luminoso
della mano, il raggio che ci sfiora
e che si apparta, il cielo che rivela
la nostra carne terrena e siderale,
lo scompiglio del fiato universale.
…
Beati si addormentano i cucchiai
ripensando alle bocche, ai caldi abbracci
timidi e sorseggianti, orizzontali
percorsi per le labbra prominenti,
la franchezza dei denti, giovinezza
del gesto d’equilibrio della mano,
il lento approccio verso il fiato umano,
la molle cerimonia della lingua
che attende abbandonata e consenziente.
Si distendono col capo reclinato,
rigidi e curvilinei, conservati
nell’ombra dei cassetti, tra i colleghi,
le forchette i coltelli, addormentati.
…
Lasciate il vino dentro il mio bicchiere,
così parlo di stelle e di comete,
scrivo d’amore, insomma le parole
sembrano scintillanti universali,
si trovano da sole, sanno loro
la strada da percorrere. Se invece
resto per troppo tempo a bocca asciutta
o bevo acqua coi sali minerali,
il the freddo magari, l’aranciata,
mi sento sano, guadagno in giovinezza,
ma perdo in ampiezza di vedute,
manovro in ristrettezza, non so altro
che offrirmi a malinconiche paludi,
dire frasi contorte e penitenti,
gentili balbettii di circostanza.
Se scelgo l’acqua fresca o la spremuta,
sto certo meglio, ma faccio scena muta.
Ernesto Cardenal (2)
Canto cosmico
In principio non v’era nulla
né spazio
né tempo.
L’universo intero concentrato
nello spazio del nucleo di un atomo,
e prima ancora meno, molto meno di un protone,
E anche meno ancora, un infinitamente denso punto matematico.
E fu il Big Bang.
La Grande Esplosione.
L’universo sottomesso a relazioni d’incertezza,
il suo raggio di curvatura indeterminato,
la sua geometria imprecisa
con il principio di incertezza della Meccanica Quantistica (…)
(…) E tirò fuori il suo pensiero nello spazio…
Non esisteva nulla, né esisteva il nulla.
Fra giorno e notte non v’era limite.
Poi, ancora qualche verso più in là:
La moltiplicazione della vita per divisione
e all’improvviso il contrario: l’unione. Non sappiamo
quando né come, in che microscopico, quasi invisibile
paradiso
si unirono due cellule qualunque
tra migliaia di milioni d’altre.
La rivoluzione più grande successa sulla terra.
Tremilacinquecento milioni d’anni fa
già c’erano cellule che avevano conosciuto la sessualità.
Nascevano, crescevano e morivano le stelle.
E la galassia andava acquistando forma di fiore
come oggi la vediamo nella notte stellata.
La nostra carne e le nostre ossa vengono da altre stelle
e anche forse da altre galassie,
siamo universali,
e dopo la morte contribuiremo a formare altre stelle
e altre galassie.
Di stelle siamo fatti e alle stelle torneremo.
Carlo Bramanti (3)
Stelle cadenti
Stelle cadenti
raccolte
in una botte di vino a metà
bevute
dal desiderio espresso
di prati sconfinati
dove cielo è tramonto
e io ti bacio
mio sogno dalle labbra più morbide
e rosse
da mordere quando mi chiedi
se sono felice.
Antonio Vargiu
Eppure la vita (Madre Terra)
M’ha sempre molto incuriosito
che dalla prima, immane esplosione,
da milioni di galassie scagliate nel vuoto
in una corsa che mai sembra aver fine,
da soli che nascono e che muoiono,
in un angolo remoto,
in un piccolo sistema,
quasi d’incanto sia apparsa
una perla verde azzurra: la Terra.
Che mirabile frutto del caso:
ora arroventata dal sole,
ora circondata di ghiacci,
ora plasmata
dai fuochi di mille vulcani,
eppure la vita.
Forse a volte, Giacomo,
è anche natura matrigna;
ancora di più:
il tuo grido è anche la nostra domanda.
«Magnifiche sorti e progressive»?
Dove, tra tagliatori di teste
e uccisioni di bambini?
Ma la tua ginestra, Giacomo,
non ci unisce forse
in una laica fede
nella vita che non muore?
Lo stesso tuo cielo ancora contempliamo,
lo stesso fiume scintillante,
la stessa luna ancora ci guarda.
Eppure, in tutto questo mistero,
in in questo ribollire di galassie,
in questa notte che ora è così dolce,
quello di più bello che ancora persiste
è l’uomo che conta le stelle.
Ibn Hamdis (4)
Le stelle lucenti come destrieri lanciati al corso, sono cacciate all’occidente dove si legge l’oroscopo dell’orto, come se esse poggiassero le lo loro guance per dormire laggiù, benché esse non dormano.
Spesso la notte io sto a guardare le stelle che paiono
micce accese o cuspidi lampeggianti. Vedo le Pleiadi sorgere e sembrano un vezzo di sette perle di cui hai fatto collana.”
Le Pleiadi presentano una mano con le dita ingemmate, la cui tinta sono le tenebre..
Sembra che l’aurora le vada raccogliendo, quasi fossero grappoli di luce con le foglie di tenebre.
(Trad. di C. Schiapparelli)
- Giuseppe Grattacaso è nato nel 1957 a Salerno, vive in Toscana. Ha pubblicato libri di poesia dal 1991. Alcune sue opere sono state scritte in francese.
- Questo grande poeta, oltre che rivoluzionario nicaraguense, ha trovato molto spazio sul nostro sito, sia per la bellezza delle sue composizioni che per la creazione e diffusione dei “laboratori di poesia”, che hanno dato voce poetica anche a chi non sapeva di averla, a partire da chi era colpito da gravi forme di malattia, bambini o anziani che fossero. In particolare si può andare a consultare il 2017 e il 2020 di questa nostra pubblicazione.
- Carlo Bramanti, siciliano d.o.c., è nato ad Augusta, in provincia di Siracusa. Nel 2011 è tra i vincitori del premio letterario haiku indetto da Empiria.
- Ibn Hamdīs detto anche il Dante arabo nacque a Noto (Siracusa), e dopo aver preso parte alle lotte contro i normanni emigrò alla corte di Siviglia accolto dal sovrano – anche lui poeta – al-Mu’tamid. Qui vi rimase fino al 1091; poi venne espulso e si rifugiò presso le corti di Algeria e Tunisia. Ibn Hamdis ha lasciato un canzoniere molto ricco, circa seimila versi, per i quali egli primeggia in quella forma che è chiamata ” wasf”, ossia poesia descrittiva nata nell’Andalusia araba. Nelle sue poesie spesso sono descritte le stelle e in particolare le Pleiadi.