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nostra intervista esclusiva a Ivana Veronese, segretaria nazionale Uiltucs

a cura di Antonio Vargiu.

Che sia oggi più facile per le donne conciliare il proprio lavoro con il mettere alla luce e curare dei figli è stato recentemente smentito dagli ultimi dati messi a disposizione dall’Ispettorato del Lavoro.

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L’Ispettorato, che ha il compito di monitorare e controllare le dimissioni dal lavoro di entrambi i genitori, ha fatto sapere che, nel 2016, queste sono state 35.003, il 78% presentate dalla madre e il 22% dal padre.

Ma dal questionario, molto più analitico del passato, sono emerse le motivazioni -che dovrebbero essere per tutti abbastanza inquietanti- delle dimissioni.

Andando, difatti, a leggere il perché delle dimissioni, emerge che ben 13.854 sono dovute a “difficoltà nella conciliazione lavoro-famiglia” e, in particolare,

a) 6.699 ad assenza di parenti in grado di aiutare a seguire i figli;

b) 5.793 al mancato accoglimento al nido;

c) 1.362 all’elevata incidenza dei costi per soluzioni alternative per il mantenimento dei figli.

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Ivana, ultimamente sono stati fatti dei passi in avanti per una maggiore tutela del lavoro femminile, ma cosa si dovrebbe fare di più?

La nostra posizione come organizzazione sindacale è chiara: noi ci battiamo per il diritto delle donne a conservare il proprio lavoro. Per questo è necessario combattere contro tutti gli ostacoli che lo impediscono.

La situazione si fa delicata soprattutto dopo aver dato alla luce un figlio. Qui è necessaria una collaborazione tra istituzioni pubbliche ed aziende. Spesso, infatti, riusciamo a stipulare accordi per aiutare la conciliazione tra vita famigliare e lavoro. Il limite, però, è costituito dal tipo di aiuto che si riesce a dare: i voucher aiutano economicamente, ma il problema di fondo da risolvere è che mancano gli asili-nido!

Nei nostri settori –terziario, distribuzione e servizi- è fortemente presente il contratto a tempo parziale con le “clausole flessibili”, “liberamente” sottoscritte all’atto dell’assunzione.

Anche questo è un ostacolo formidabile per una madre che lavora: in mancanza di una rete famigliare di supporto, è complicato riuscire a tenere in equilibrio tutto.

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Sono d’accordo con te: è vero che la sensibilità da parte delle aziende sta crescendo, ma non in maniera omogenea. A riprova di questo, recentemente abbiamo dovuto ascoltare -da parte di un responsabile aziendale per le relazioni sindacali- una lamentela relativa al fatto che, nel proprio settore (agenzie di viaggi), aveva a che fare quasi esclusivamente con lavoratrici, che -naturalmente- non potevano essere obbligate a lavorare di notte da sole, sia pure in un ufficio.

Questo è vero. Comunque In qualche azienda riusciamo ancora a contrattare e ad ottenere norme a sostegno della genitorialità, anche se il problema di fondo è che, se non si lavora sugli orari di lavoro, il resto da solo è utile ma non sufficiente.

Recentemente in una azienda abbiamo ottenuto -per un arco di tempo ben definito- orari di lavoro compatibili con le esigenze famigliari (sia per motivi genitoriali che per motivi di assistenza). Questo ha permesso di aiutare molte persone a mantenere l’occupazione rispondendo ai bisogni famigliari.

Ancora molto c’è da fare, l’attenzione della Uiltucs al tema della conciliazione vita famigliare e lavoro resta alta. Come abbiamo visto, ancora troppe donne si dimettono al rientro dalla maternità. Dobbiamo lavorare per invertire questo trend!

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