di Antonio Vargiu
Chiariamo subito un punto: l’Inail si è sempre occupata degli infortuni che potevano capitare durante il lavoro effettuato fuori dalla sede aziendale, casa od altro locale che sia e del conseguente loro risarcimento.
Particolare attenzione ha destato, però, la legge sul lavoro agile, approvata dal nostro Parlamento il 22 maggio del 2017 con il n.81.
Conseguentemente l’Inail, con una sua propria circolare, ne ha illustrato le norme destinate maggiormente ad “impattare” sugli aspetti assicurativi-infortunistici di propria competenza (1).
Norme pattizie e norme di legge: un excursus chiarificatore.
Partiamo dalla definizione del “lavoro agile” e dalla inesistente contrapposizione al “telelavoro”.
Purtroppo abbiamo trovato questo tentativo, assolutamente non fondato, in un’altra pubblicazione di area Inail (2).
In questa pubblicazione viene fuori una “tabellina” con cui si cercano di mettere in evidenza le caratteristiche, che sarebbero diverse tra loro, di telelavoro e lavoro agile.
In particolare il telelavoro sarebbe “lo svolgimento della prestazione lavorativa presso una sede di lavoro che, seppur fissa, è diversa da quella del datore di lavoro privato o pubblico: un nuovo “ambiente di lavoro” –domicilio o altro luogo idoneo- indicato dal lavoratore”.
Quindi il telelavoro sarebbe un “banale” lavoro da casa, mentre il lavoro agile avrebbe a che fare solo con mansioni e ruoli di livello elevato, abbinati quindi ad un forte grado di autonomia.
Come nasce il telelavoro, come nasce il lavoro agile.
Ma la distinzione tra “telelavoro” e “lavoro agile” non sta in piedi.
A questo proposito facciamo chiarezza sulle normative che sono alla base della regolazione del lavoro svolto fuori dalle sedi aziendali.
Innanzitutto la “fonte giuridica” del telelavoro è di tipo contrattuale e travalica il limite italiano in quanto stiamo parlando di un accordo europeo. Si tratta, infatti, dell’ ”accordo quadro europeo sul telelavoro, sottoscritto il 16 luglio 2002 tra Unice, Uepme, Ceep e Ces, cioè tra le principali associazioni imprenditoriali europee e la Confederazione sindacale europea.
Successivamente l’accordo europeo è stato recepito in Italia mediante l’accordo interconfederale del 9 giugno 2004, che “ costituisce attuazione, ex art. 139, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità Europea, dell’accordo quadro europeo sul telelavoro stipulato a Bruxelles il 16 luglio 2002 tra UNICE/UEAPME, CEEP e CES. Il telelavoro ricomprende una gamma di situazioni e di prassi ampia ed in rapida espansione. Per tale motivo le parti hanno individuato nell’accordo una definizione del telelavoro che consente di considerare diverse forme di telelavoro svolte con regolarità. L’accordo, realizzato su base volontaria, mira a stabilire un quadro generale a livello nazionale al quale le organizzazioni aderenti alle parti in epigrafe daranno applicazione conformemente alle prassi e procedure usuali proprie delle stesse parti sociali. L’applicazione dell’accordo non deve costituire valido motivo per ridurre il livello generale di tutela garantito ai lavoratori dal campo di applicazione dell’accordo medesimo”.
Si badi bene l’accordo non definisce mai il telelavoro come “lavoro svolto in casa”.
All’accordo collettivo è poi subentrata una legge – la numero 81 del 22/05/2017, di cui abbiamo ampiamente parlato nei numeri scorsi, che ha dedicato al “lavoro agile” gli artt. 18 – 24.
Anche in questo caso nessuno si è sognato di disquisire sui contenuti del lavoro effettuato fuori dalle sedi aziendali.
La legge, invece, prevede un patto volontario tra le parti, che dovrebbe definirne le caratteristiche, dagli orari alle tutele e ai diritti dei lavoratori, del tutto analoghi a quelli dei lavoratori che operano solo nelle sedi aziendali. Lo scopo del legislatore è dichiarato: ”incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.
A proposito del patto, c’è però da sottolineare che, a causa del sopraggiunto “stato d’emergenza” causato dal dilagare della pandemia, ne è stato sospeso l’obbligo. Inoltre i datori di lavoro hanno avuto la facoltà di imporre il lavoro fuori dalle sedi aziendali, sempre per motivi legati all’emergenza sanitaria.
La circolare dell’Inail.
Il commento dell’Inail parte dall’’articolo 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e ricorda “i contenuti essenziali dell’accordo individuale, stipulato per iscritto, relativo alla modalità di lavoro agile, ovvero:
– disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali anche con riguardo a come è esercitato il potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore;
– durata (l’accordo può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato);
– preavviso in caso di recesso (per gli accordi a tempo indeterminato il recesso è attivabile con un preavviso di almeno 30 giorni, mentre, nel caso dei lavoratori disabili ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni);
– tempi di riposo del lavoratore e misure tecniche e organizzative per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
I rischi del “lavoro agile” e gli obblighi del datore di lavoro.
Va sottolineato un aspetto importante della prestazione del lavoro agile: il lavoro a distanza deve essere svolto in modo continuativo (organizzato in maniera stabile, con frequenza periodica e regolare).
Per questo motivo il datore di lavoro:
- deve effettuare la valutazione dei rischi per (a) la vista e gli occhi (b) la postura e l’affaticamento fisico e/o mentale (c) le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
- deve garantire ai lavoratori una interruzione dell’attività che implichi l’uso dei videoterminali mediante pause o cambiamento di attività (in assenza di accordi col-lettivi sul punto, al lavoratore deve essere garantita una pausa di quindici minuti ogni centoventi di attività);
- deve garantire ai lavoratori la sorveglianza sanitaria con specifico riferimento ai rischi per la vista e per gli occhi, nonché per l’apparato muscoloscheletrico;
- deve garantire ai lavoratori una adeguata formazione e informazione sulle misure di prevenzione applicabili al posto di lavoro;
- è ritenuto responsabile delle attrezzature di lavoro fornite al lavoratore, diretta-mente o per il tramite di terzi;
- ha accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi (l’accesso deve essere subordinato al preavviso e al con-senso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio);
- deve adottare misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore che svolge la prestazione a distanza.
L’Inail riconosce una parità di trattamento tra lavoro svolto in sede aziendale che fuori.
Coerentemente l’Inail dichiara che il lavoro agile “comunque comporta l’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.
Infatti, lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non fa venir meno il possesso dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo, rispettivamente, dagli articoli 1 e 4, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
In relazione allo specifico rischio della prestazione lavorativa, il corretto riferimento tariffario va ricercato nella previsione contenuta nell’art. 4 delle modalità per l’applicazione delle tariffe, secondo cui, agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi.
Ne consegue che l’analisi della lavorazione eseguita in modalità di lavoro agile non differisce da quella normalmente compiuta in ambito aziendale, ai fini della riconduzione al corretto riferimento classificativo da adottare. Coerentemente con la previsione della norma, alla stregua della quale la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, la classificazione tariffaria della prestazione lavorativa segue quella cui viene ricondotta la medesima lavorazione svolta in azienda”.
Obbligo assicurativo e classificazione tariffaria
Continua la circolare:” In relazione allo specifico rischio della prestazione lavorativa, il corretto riferimento tariffario va ricercato nella previsione contenuta nell’art. 4 delle modalità per l’applicazione delle tariffe, secondo cui, agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorché siano effettuate in luoghi diversi.1
D’altro canto, sia per le attività svolte in azienda, sia per quelle svolte al di fuori di tale ambito, gli strumenti tecnologici sono sempre forniti dal datore di lavoro tenuto a garantirne anche il buon funzionamento e, quindi, a parità di rischio deve necessariamente corrispondere una identica classificazione ai fini tariffari, in attuazione del principio alla stregua del quale il trattamento normativo e retributivo dei lavoratori “agili” rispetto ai loro colleghi operanti in azienda deve essere il medesimo, ivi compresa l’adozione delle norme di sicurezza sul lavoro”.
Quando scatta la tutela assicurativa.
I lavoratori “agili” devono essere assicurati all’Inail se, per lo svolgimento della loro attività, sono esposti alle fonti di rischio previste dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, fra le quali rientra anche il rischio elettrico connesso con l’uso di macchine di ufficio (quali per esempio, mezzi telematici, computer, videoterminali).
In questo caso i lavoratori sono assicurati, applicando i criteri di carattere generale validi per tutti gli altri lavoratori, col solo limite del rischio elettivo.
Che cos’è il “rischio elettivo”? E’ quello che deriva dalla concreta scelta che fa il lavoratore del luogo in cui svolgere il lavoro fuori dalla sede aziendale. Scelta delicata, perché può prestarsi a contenziosi, soprattutto se si continuerà ad operare con la normativa emergenziale, che ha sospeso la necessità di dar vita a questo patto.
Da qui per noi c’è un’ulteriore motivazione di tornare, in tempi rapidi, alla normale regolazione legislativa.
Per quanto concerne gli aspetti peculiari del lavoro agile, gli infortuni occorsi mentre il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’esterno dei locali aziendali e nel luogo prescelto dal lavoratore stesso sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione.
Gli infortuni occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali sono tutelati quando il fatto di affrontare il suddetto percorso sia connesso a esigenze legate alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
Il lavoratore “agile” è tutelato non solo per gli infortuni collegati al rischio proprio della sua attività lavorativa, ma anche per quelli connessi alle attività prodromiche e/o accessorie purché strumentali allo svolgimento delle mansioni proprie del suo profilo professionale.
Qui anche l’Inail sottolinea l’esigenza di tornare al patto individuale, che tra l’altro deve assolutamente individuare i rischi lavorativi cui “il lavoratore è esposto e i riferimenti spazio–temporali ai fini del rapido riconoscimento delle prestazioni infortunistiche.
La mancanza di indicazioni sufficienti desumibili dall’accordo in ordine ai predetti elementi, nonché in generale a quanto previsto dal citato articolo 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81 comporta che, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento infortunistico saranno necessari specifici accertamenti finalizzati a verificare la sussistenza dei presupposti sostanziali della tutela e, in particolare, a verificare se l’attività svolta dal lavoratore al momento dell’evento infortunistico sia comunque in stretto collegamento con quella lavorativa, in quanto necessitata e funzionale alla stessa, sebbene svolta all’esterno dei locali aziendali”.
Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
All’articolo 22, comma 1, la norma in argomento prevede che a garanzia della salute e sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, il datore di lavoro consegni al lavoratore stesso e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore un’adeguata informativa circa il corretto utilizzo delle attrezzature/apparecchiature eventualmente messe a disposizione nello svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile, assicurandosi che detti strumenti siano conformi al titolo III del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 e successive modificazioni, nonché alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, facendosi carico di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza con un’adeguata manutenzione.
Il lavoratore che svolge la propria prestazione in modalità di lavoro agile è comunque tenuto, ai sensi del comma 2 del suindicato articolo 22, a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro, al fine di fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.
Tra il dire e il fare: quando l’Inail esita ad applicare quanto affermato.
Agli inizi di quest’anno anche la magistratura del lavoro si è dovuta occupare di infortuni occorsi in smart working. In particolare è stato riportato da molte fonti di informazione, sia “cartacee” che “on line”, un episodio avvenuto a Treviso.
Riprendiamo il racconto che ce ne fa il Gazzettino.it: una lavoratrice 50enne, di un’azienda metalmeccanica cade dalle scale di casa mentre parla al telefono con una collega di lavoro.
Stava svolgendo il turno in smart working e si è procurata un paio di fratture. L’Inail si oppone al riconoscimento dell’infortunio, ma la lavoratrice, sostenuta dal patronato della Cgil, ricorre alla magistratura.
La sentenza le dà ragione, ottenendo un risarcimento di 20.000 euro per il danno biologico, oltre a visite e terapie gratis senza obbligo di ticket per 10 anni. A cui aggiungere naturalmente il pagamento dei giorni di malattia.
L’Inail si era opposta al riconoscimento dell’infortunio in smart working in quanto lo riteneva slegato dalle mansioni aziendali. Il dettaglio che ha fatto la differenza e ha convinto i giudici a dare ragione alla donna è stata l’interlocutrice nella telefonata che era una collega di lavoro.
Inoltre va ricordato che la dipendente è andata subito al pronto soccorso, dove ha accuratamente raccontato cosa le era accaduto, quando e in che modalità. Da lì è partita la segnalazione all’Inail mentre la donna ha denunciato l’infortunio al suo datore di lavoro. Questo episodio sicuramente farà da precedente per cause analoghe.
Questa considerazione ci porta ad una conclusione: l’Inail farà bene ad applicare nella pratica quanto affermato nella sua circolare senza aprire inutili contenziosi legali. Basta accertare rigorosamente i fatti, perché -anche noi ne siamo convinti-le regole sono assolutamente chiare!
- Circolare Inail n.48 del 2 novembre 2017.
- Lavoro agile in situazioni emergenziali Applicazione di un “modello ibrido” tra lavoro agile e telelavoro, Inail 2020.