Il primo dato sicuro: è finito il tempo della “torre d’avorio”.
Nell’affermazione di Viviani c’è la nostalgia di un mondo che non c’è più? Così sembrerebbe. Ma andiamo a scavare più a fondo, dando un’occhiata al vocabolario della Treccani, sotto la voce “linguaggio” e vi troviamo:”… In senso ampio, (è) la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un sistema di segni vocali o grafici; e lo strumento stesso di tale espressione e comunicazione (inteso in senso generico…) ecc.”.
Questa spiegazione della parola “linguaggio” è quella che fa al caso nostro, dà cioè perfettamente il senso, il significato, della poesia: tutti abbiamo (o possiamo avere) la voglia di “comunicare pensieri, esprimere sentimenti”. Ma ci sono anche modi e regole proprie del linguaggio della poesia che vanno imparate, a partire dalle più semplici, dall’”abc”.
La cosa più importante è superare tutte le vecchie forme di “aristocrazia” culturale, che ne hanno sbarrato l’accesso a molte persone, anche a quelle potenzialmente molto sensibili e vicine all’espressione poetica.
Per questo abbiamo parlato, e a lungo, dei “laboratori di poesia” di Ernesto Cardenal, creati dapprima in Nicaragua e poi moltiplicatisi in molta parte del nostro mondo, compresa l’Italia, laboratori che hanno diffuso l’amore per la “scrittura in versi” (insieme ad alcune tecniche di base) anche tra i bambini, gli anziani e i malati ricoverati in alcuni centri ospedalieri.
Come scrivevamo nei numeri precedenti, “…non abbiamo mai pensato che improvvisamente siamo diventati “tutti poeti”, anzi siamo sempre più convinti della necessità di separare “il grano dal loglio (tanto per ispirarci all’immagine che caratterizza il nostro sito”)”.
Perchè la poesia è un percorso: dapprima davanti a noi ci sono strade pianeggianti, ma poi si presentano anche monti da scalare, senza scorciatoie.
Ecco allora dove nasce -a mio parere- la preoccupazione di Viviani, ecco allora il senso di alcune sue affermazioni:”…Aspirare a un numero elevato di lettori di poesia è un errore. Perché significa cercare, con i contenuti o con la forma, una sintonia con un gusto più ampio, medio. Ma l’impronta della poesia è una particolare intensità, esperienza desiderata solo da un esiguo numero di lettori”.
Questa sicuramente è una preoccupazione da condividere, anche se nessuno può mettere in discussione la “cifra” poetica con cui ognuno sceglie di scrivere. Ma, proprio per questo, possiamo citare un piccolo esempio personale: la scelta di utilizzare i nuovi mezzi informatici, dando vita ad un sito su internet, su cui vengono pubblicate anche nostre poesie, con un preciso limite, quello di non utilizzare il popolare social facebook.
La “contaminazione dei linguaggi”.
Nel dibattito sulla poesia si è inserito un altro scrittore, Corrado Benigni, con un articolo pubblicato su Repubblica (1). Per Benigni la vera sfida per la poesia, oggi, è quella di non rimanere chiusa in sè stessa: “…sopravvivrà se saprà accettare la sfida di contaminarsi con altri linguaggi. Linguaggi artistici, certamente, ma anche apparentemente lontani, come il gergo del diritto e della scienza, per esempio.
Perché la poesia non esiste in sé, ma forse è il più artificiale dei linguaggi umani. Non ci sono nel vocabolario parole che non possano essere usate in poesia; la sfida è saperle ricombinare in una relazione “di suono e senso””.
Da un certo punto di vista, quindi, Viviani ha ragione:”Si dice che il poeta è il custode della lingua. Oggi quel custode non può non rilevare la sciatteria nell’uso comune della lingua. Talune volte questo impiego distorto rischia di riflettersi anche in poesia, che invece dovrebbe essere il luogo dove la parola si rigenera. Questo perché sempre più spesso anche la lingua della poesia sembra ripiegarsi sulla dimensione comunicativa, limitandosi ad attingere i propri lemmi dal lessico del parlato quotidiano o servendosi direttamente dal bacino lessicale di altra poesia. Dunque, verrebbe da dire che non solo i poeti, ma la lirica stessa oggi è divenuta autoreferenziale, creando così una sorta di corto circuito. E sotto questo aspetto l’ammonimento di Cesare Viviani è fondato”.
Ma la chiave per una rigenerazione della poesia oggi è il “mescolarsi con altre discipline”. Nell’articolo Benigni fa un esempio:”Affascinante è anche il dialogo tra poesia e fotografia: due linguaggi che utilizzano come materia prima le immagini, che non si esauriscono in se stesse ma sono capaci di rivelarci qualcosa in più rispetto a quello che sembrano significare. Il confronto tra fotografia e poesia induce a riflettere su una forma di pensiero fondamentale per l’uomo: l’immaginazione analogica, ovvero la capacità straordinaria di percepire somiglianze anche tra elementi opposti, che è la vera potenza della poesia. Perché non c’è pensiero senza un momento poetico. Dunque, se affermiamo che la poesia è morta, stiamo dicendo che anche il pensiero umano è morto. E non mi sento di dirlo”.
Non possiamo non chiudere questo articolo con la nostra esperienza personale: abbiamo accettato da tempo questa “sfida della contaminazione” e superando -almeno in parte- la pretesa del mantenimento di una “parola pura”, solo letteraria e riservata a pochi, abbiamo dato vita ad esperienze di integrazione tra linguaggi artistici differenti.
E’ quello che abbiamo chiamato “spettacolo multiartistico” in cui si fonde parola poetica, musica, canzoni, balletto e recitazione, spettacolo che è andato in scena la prima volta circa due anni fa a Cremona e che ha avuto una replica, in forma differente, sempre a Cremona un anno fa.
Non lo stiamo qui a raccontare, ma ve lo mettiamo a disposizione, sia pure nella forma molto sintetica di una clip, in questo stesso numero: la potete scaricare e, pensiamo, apprezzare, nelle modalità che offrono le nuove tecnologie.
Ma per “scalare la montagna” occorrerà sempre la massima vostra disponibilità e pazienza nella visione e nell’ascolto. Crediamo che questo sia il migliore augurio che possiamo farvi!
(1) Oggi la vera sfida per la poesia è contaminarsi con altri linguaggi, Corrado Benigni, La Repubblica, 8/12/18.