LA POESIA DEVE COMUNICARE LA “FORZA DELLA PAROLA”, MA NIENTE LE IMPEDISCE DI “ESSERE IL SALE” DI NUOVE ESPRESSIONI MULTIARTISTICHE.
di Antonio Vargiu
La presentazione del libro “Eppure la vita” del 29 aprile u.s. a Cremona ripropone il tema del rapporto tra poesia “allo stato puro” e varie forma di espressione multiartistica, in cui può fondersi.
Noi abbiamo avuto l’occasione – e direi la fortuna e la gioia- di sperimentare l’una e l’altra cosa, grazie al fatto di essere stati -in un qualche modo- adottati artisticamente dalle amiche (e amici) di Cremona.
Del lavoro e della fatica di operare sulle parole abbiamo scritto più volte. In particolare vedi, da “Eppure la vita”, la poesia “Non prendermi in giro: con l’angelo…”.
Come scrive su L’Espresso (1 febbraio 2017) Wlodek Goldkorn “la poesia (la buona poesia) traduce, meglio di tutte le arti retoriche, le immagini in parole e quindi sollecita l’azione del nostro immaginario e ci permette di pensare alla’immortalità”. Qui Wlodek cita Seamus Heaney, in “La spiaggia”: «Anche la linea punteggiata tracciata dal bastone di mio padre / sulla spiaggia di Sandymount / è qualcosa che la marea non porterà via».
Ecco, la memoria vive più a lungo nella parola che nei monumenti di pietra”.
I poeti sono soprattutto “levigatori di parole”, definizione assolutamente condivisa.
Continua Goldkorn “la poesia è lentezza, perchè ogni parola deve essere esatta…Si racconta di poeti che attendono mesi finche sulla pagina non appaia l’aggettivo o il verbo giusto. La poesia non sopporta il parlar sciatto, non tollera la mancanza di attenzione”.
Infine “la lentezza della poesia ci riporta alla lentezza dell’amore, e quindi di nuovo a qualcosa di eterno. Lo sapeva Mahmud Darwish, poeta palestinese che in “Una lezione di Kamasutra” cantava: «Se arriva in ritardo / aspettala, / se arriva in anticipo / aspettala / e non spaventare gli uccelli sulle sue trecce, (…) e parlale come il flauto / alla coda spaventata del violino, / (…) e aspettala / e leviga la sua notte anello dopo anello».
Levigare è un’azione da artigiano che tende alla perfezione, ma sempre con grande fatica. Ecco, amiamo la poesia perché mette insieme il sogno e il quotidiano lavoro delle mani (lo intuiva meglio di tutti Wislawa Szymborska): alla ricerca dell’assoluto”.
Detto questo, quando mi è stato proposto di inserire le parole dei miei versi in quello che abbiamo chiamato “lo spettacolo” e che ha visto la sua “prima” al teatro Filodrammatici di Cremona, ho dato subito, con entusiasmo, il mio assenso.
Le parole sono state lette a voce alta, si sono fuse, in un mix originale, all’interno di suoni e melodie, sono state “rilette” dai ritmi dei corpi danzanti del “PosainOpera Ballet”, hanno avuto, in sottofondo, un commento ed una sottolineatura da parte di immagini ben scelte e suggestive.
In ogni caso abbiamo ora due “formati”: uno tipo “spettacolo”, uno tipo “presentazione del libro”, ambedue comunque arricchiti -in modi diversi- da “performances multiartistiche”. A mio parere vale assolutamente la pena di esportare questi formati anche fuori da Cremona, perchè entrambi molto belli.
Ma questo non impedirà certo di dar vita ad incontri -nei vari territori- nei quali vi saranno “semplici” letture dei miei versi. L’importante è che continui a funzionare il “circuito di comunicazione” e che questo non sia unidirezionale.
Al centro ci sarà, quindi, l’incontro e il dialogo con l’autore e con la lettura personale dei suoi versi.
Parlare della vita e della sua bellezza, nonostante tutte le difficoltà e i dolori, impegnarsi a cambiare il mondo in cui viviamo: questo il programma per cui vale la pena battersi!>/p>