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In tre articoli ci proponiamo di analizzare la situazione politica che si sta venendo a creare in Italia dopo due avvenimenti quasi contemporanei: le elezioni amministrative e la definitiva approvazione del cosiddetto “Italicum”, ora legge dello Stato.

 

  1. In Italia: come funzionava il cosiddetto “Porcellum.”

Lo possiamo definire un “sistema ibrido”. Difatti, da una parte, aveva abolito i collegi uninominali ed aveva impedito la possibilità di esprimere una preferenza rispetto ad un singolo candidato.

Dall’altra aveva introdotto meccanismi di premi di maggioranza diversi tra la  Camera e il Senato.

Alla Camera veniva garantita alla coalizione che avesse ottenuto il maggior numero di voti un numero minimo di seggi pari a 340.

Al Senato invece il premio, sempre alla coalizione, veniva dato regione per regione. Il premio al Senato consisteva nel garantire alla coalizione vincente in una regione almeno il 55% dei seggi. Ad esempio in Piemonte dove se ne assegnavano 22, la coalizione vincente aveva diritto ad almeno 11 seggi.
C’era l’obbligo per ogni partito o coalizione di indicare il proprio candidato con relativo programma.

Avevano diritto ad essere rappresentate alla Camera tutte quelle coalizioni che avessero superato la quota del 10% dei voti. Se invece si trattava di un singolo partito non coalizzato, la soglia si abbassava al 4%.

Al Senato la quota minima per le coalizioni era del 20%. Inoltre i partiti che ne facevano parte dovevano raggiungere almeno il 3%. Per partiti non apparentati la soglia era del 4%.

Le liste erano assolutamente bloccate e non si potevano esprimere, quindi, preferenze.

Questa legge, fortemente voluta dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, fu utilizzata per la prima volta nelle elezioni politiche del 2006. Elezioni che però non andarono come il leader del centro destra prevedeva, giacché ci fu la vittoria della coalizione del centro sinistra con Romano Prodi, per circa 40 mila voti di differenza.

Quale fu il difetto principale di questo sistema? Oltre alla impossibilità di esprimere preferenze, l’introduzione di due meccanismi diversamente premianti, uno su scala nazionale ed uno su scala regionale, che, portando a compensare in maniera diversa la forza delle coalizioni, ebbe spesso come conseguenza la definizione di una maggioranza stabile alla Camera, mentre al Senato la maggioranza era più limitata, con conseguente maggiore instabilità anche del governo.

  1. In Italia: come funzionerà il futuro “Italicum”.

Riepiloghiamo qui, invece, i punti principali del nuovo sistema elettorale, divenuto oramai legge dello Stato:

  1. l’Italicum varrà solo per la Camera, in quanto la riforma costituzionale porterà il Senato a non essere più direttamente elettivo;
  2. l’Italicum è un sistema elettorale proporzionale (il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti) e il calcolo sarà fatto su base nazionale, ma modificato fortemente da un premio di maggioranza;
  3. superamento del concetto di coalizione e premio di maggioranza che va alla sola lista del partito che vince;
  4. soglia di sbarramentounica al 3% su base nazionale per tutti i partiti, non essendo più previste le coalizioni;
  5. suddivisione del territorio nazionale in 100 collegi plurinominali e designazione di un capolista “bloccato” in ogni collegio da parte di ciascun partito, con possibilità per i capilista di candidarsi in massimo 10 collegi; ci saranno le candidature multiple: i capilista – ma solo loro – potranno cioè essere inseriti nelle liste in più di un collegio, come già accadeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10 collegi.
  6. ci saranno quindi cento capilista, scelti direttamente dai partiti. Prima sono eletti i capilista, poi – se avanzano posti – i candidati eletti con le preferenze. Dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze e ogni elettore o elettrice ne potrà esprimere due: obbligatoriamente un uomo e una donna pena la nullità della seconda preferenza. Tra i capilista, non più del 60 per cento sarà dello stesso sesso.
  7. ballottaggiotra le due liste più votate se nessuna dovesse raggiungere la soglia del 40%, senza possibilità di apparentamento tra liste;
  8. alla lista che raggiunge almeno il 40% dei voti al primo turno o che vince al ballottaggio vengono automaticamente assegnati i 340 (non più 321) seggi derivanti dal premio di maggioranza, cioè il 55% del totale, mentre i 277 seggi restanti (si escludono infatti quello della Valle d’Aosta e i 12 della circoscrizione estero) vengono ripartiti fra le altre liste che superano lo sbarramento; questi ultimi seggi vengono ripartiti con metodo proporzionale.

 

  1. Alcune considerazioni finali.

Facciamo un primo confronto tra il vecchio sistema elettorale e quello approvato recentemente.

Ambedue i sistemi sono improntati a principi di proporzionalità, ma con una forte correzione dovuta ai vari meccanismi di premi di maggioranza.

Ambedue i sistemi sostanzialmente impediscono o limitano fortemente l’utilizzo di preferenze per la scelta di chi sarà eletto.

Il vecchio sistema, “battezzato” come “Porcellum” dallo stesso ideatore, il leghista Calderoli, aveva insito una contraddizione: i meccanismi premianti funzionavano in maniera diversa per i due rami del Parlamento. In particolare, per il Senato il premio su base regionale aveva l’obiettivo di favorire le maggioranze locali, cioè i partiti che avevano una struttura di consenso su base territoriale, come appunto, in quella fase politica, la lega di Bossi.

Cosa sorprendente: uno dei difetti principali del vecchio sistema elettorale sarebbe andato a scomparire! Infatti, abolendo il Senato elettivo, il risultato elettorale alla Camera sarebbe stato assolutamente chiaro e ci sarebbe stata una coalizione vincente con un premier designato, anche se non formalmente.

Rimaneva certo il problema delle liste bloccate, ma nessun partito avrebbe avuto un potere politico assoluto, in quanto avrebbe comunque dovuto negoziare programmi e persone che lo avrebbero dovuto realizzare con altri partiti.

Le contraddizioni politiche che viviamo sono, principalmente, queste

  • la crisi economica mette in evidenza il crescere di diseguaglianze economiche e fratture sociali;
  • ai corpi sociali intermedi viene tolta ogni possibilità di espressione efficace delle proprie esigenze, anche se, ogni tanto, può far comodo riprendere un dialogo;
  • il tasso di astensionismo alle elezioni si aggira intorno al 40%,
  • scompare il concetto di coalizione, mentre, dal governo Monti in poi, è crescente il fastidio per chi “disturba il manovratore”, tanto che -soprattutto nelle crisi- sembra che la democrazia sia diventata un lusso che, ogni tanto, l’Italia non può permettersi.

La conseguenza sarà che crescerà la disaffezione politica e un sintomo evidente è rappresentato dal crescere dell’astensionismo, che, chissà perchè, qualche tempo fa era considerato, da qualche commentatore “politico”, sintomo di una raggiunta maturità democratica!

 

  1. Dai risultati delle ultime elezioni amministrative un colpo di scena?

Diciamolo francamente: il governo Renzi si è confezionato un “abito elettorale” a proprio uso e consumo.

Un partito, che nel momento in cui fu varato il disegno di legge elettorale era sulla “cresta dell’onda”, con un Berlusconi al tramonto e con pezzi di forza Italia pronti al traghetto sul carro del vincitore, con un’ “idea-forza” di stampo blairiano non più partito di sinistra o di centrosinistra, ma “partito della nazione”, facilmente sarebbe arrivato al 40% necessario per vincere le elezioni. Al massimo avrebbe vinto al ballottaggio.

Ma l’idea di confondere il sistema elettorale per eleggere un sindaco con quello per eleggere il futuro presidente del consiglio “il sindaco d’Italia”, oltre ad essere fortemente carente da un punto di vista democratico -non si può dare un via libera preventivo per cinque anni a “un uomo solo al comando”su temi politici e sociali vitali per il paese- si sta imbattendo in una situazione imprevista.

Le elezioni amministrative hanno messo in chiaro una cosa: non ci sono più solo due “partiti polo”, uno di destra e uno di sinistra.

C’è un terzo incomodo che ha fatto irruzione sulla scena: il movimento 5 stelle.

In più l’ambigua collocazione di questo movimento, un pò di destra, un pò (ma molto meno) di sinistra, ma che comunque si presume il più bravo ed onesto di tutti, ha fatto sperimentare che, nel caso di ballottaggio con il partito democratico, potrebbe ricevere un buon quantitativo di voti da destra: diversi sondaggi mettono in evidenza che, nello scontro diretto, potrebbero prevalere sul partito democratico.

Vogliamo trarre una conclusione? Il nuovo Italicum sempre più sembra essere il frutto di una “politica dell’azzardo”. Si punta su meccanismi che più che ad esaltare e favorire la partecipazione dei cittadini cerca di esaltare e definire un “dominus” che governerà con maggioranza, in teoria inossidabile, per cinque anni.

Politiche e programmi frammentati: a turno si cerca di favorire questo o quel gruppo sociale, senza puntare a soluzioni per le politiche economiche, industriali e sociali che non possono non essere di lungo periodo, perchè, se nessuno ha la bacchetta magica, è anche vero che se non si inizia a costruire oggi, anche con sacrifici, domani si rimarrà al punto di partenza con gli stessi problemi da affrontare.

Continuando su questa strada, non vorremo essere qui, in un prossimo futuro, a denunciare le responsabilità di chi magari ha consegnato il paese a “dilettanti allo sbaraglio”, nuovi (quando lo sono), ma incapaci a gestire la macchina complessa dello Stato e ad affrontare i drammatici problemi sociali che il paese sta vivendo.

 

 

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