Sta per finire, oramai, l’Inverno, tempo della pazienza, del dolore che scava l’anima, ma la leviga e la rende più splendente.
Non è certo una stagione morta, ma è quella in cui il seme che si è donato alla terra soffre dell’attesa della luce, ha nostalgia dell’acqua, dell’aria, del cielo.
Proprio per questi motivi non dite che l’inverno è una stagione morta: no, è la stagione che prepara la rinascita. Certo non è la stagione per chi si lascia cogliere impreparato, di chi non ha la pazienza dell’attesa e, per questo, è facilmente preda dello scoraggiamento.
Allora diventa centrale la solidarietà tra gli uomini: per affrontare le maggiori difficoltà del clima avverso e per prepararsi insieme a “risorgere”, a costruire un mondo più giusto, segnato dai colori dell’arcobaleno, dalla nuova alleanza, cioè, tra l’umanità e la natura.
Come è ormai solito e come ormai facciamo costantemente negli ultimi numeri, pubblichiamo tre poesie “stagionali”, la prima e la terza già pubblicate lo scorso numero, la seconda del tutto inedita.
Non cerco le rose a gennaio
Non cerco le rose a gennaio,
mi basta la luna e le stelle
di ghiaccio sopra gli alberi spogli.
Non cerco le rose a gennaio,
ma non dire
che la stagione è morta.
La gloria delle foglie d’autunno,
il suono di mille violini,
sono solo un ricordo.
Ma quello che marcisce
sotto la coltre di neve,
oh, quello che marcisce
sotto la bianca coltre di neve,
non è invano.
Nel silenzio solo un uccello solitario,
ancora di più il nostro cuore,
in attesa dell’alba.
Notte di febbraio
C’è a volte un dolore nascosto
nella terra ammantata di neve,
nella luna solitaria,
nel volo di un uccello notturno,
nella corteccia rigonfia di linfa,
nel ricordo che nel cuore preme,
una notte di febbraio.
Bologna
Al gelido vento che azzurra la città
sembrano tutte trasparenti
le figure che popolano la piazza.
Il lento incedere dei bus un poco turba
la domanda di chi, nel freddo inverno,
stende la mano.
Da gioie e dolori cuori levigati
riflettono gli squilli del sole.