di Antonio Vargiu
Se ne è andato lo scorso 1°marzo, una domenica, in un ospedale di Managua, la capitale del Nicaragua, senza far rumore, ma ci ha lasciato una grande eredità, sia come militante per la giustizia che come poeta.
Non un letterato “da torre d’avorio”, ma, al contrario, uomo che considerava la poesia come un linguaggio per esprimere sentimenti e ragioni, linguaggio di cui tutti potevano impossessarsi, a partire dai “più piccoli”, questi ultimi intesi in senso evangelico: quelli che “non contano niente” in una “società dello scarto”, bambini, vecchi, malati.
Della sua vita, del suo impegno politico e dei suoi “laboratori di poesia” ne abbiamo più volte e diversi anni fa parlato nel nostro sito (1). Adesso lo vogliamo, ancora una volta, ricordare.
LA BIOGRAFIA
Ernesto Cardenal Martínez (Granada, Nicaragua, 20 gennaio 1925) è stato un poeta, un sacerdote e un teologo nicaraguense. Protagonista della rivoluzione in Nicaragua del 1979, è stato tra i massimi esponenti della teologia della liberazione.
LA FORMAZIONE
Nato in una ricca famiglia di Granada, studiò Lettere prima all’Università di Managua e poi, tra il 1942 e il 1946, in Messico. Si trasferì poi a New York per completare gli studi (1947 – 1949) e fino 1950 viaggiò attraverso l’Italia, la Spagna e la Svizzera. Tornato in patria, militò nella resistenza contro il regime di Anastasio Somoza, sostenuto dagli Stati Uniti, e nel 1954 partecipò alla Rivoluzione di Aprile, un tentativo fallito di mettere fine alla dittatura. Convertitosi al cattolicesimo nel 1956, Cardenal decise di entrare come novizio nel monastero trappista di Nostra Signora a Gethsemani (in Kentucky), dove fu discepolo del religioso e poeta Thomas Merton. Lasciò l’abbazia nel 1959 per completare gli studi teologici a Cuernavaca, in Messico, dove nel 1965 venne poi ordinato sacerdote.
Fu co-fondatore della comunità religiosa di Solentiname, su un’isola nel Lago Nicaragua, dove predicò la non-violenza appresa da Merton.
LA RIVOLUZIONE SANDINISTA
Militante del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) e scoperto fu costretto a rifugiarsi all’estero: divenne ambasciatore dell’opposizione sandinista all’Avana (Cuba). Il 19 luglio 1979 entrò a Managua con le truppe rivoluzionarie che abbatterono il regime di Anastasio Somoza Debayle (figlio del precedente presidente).
Fautore di una “rivoluzione senza vendetta”, venne nominato ministro della Cultura dal nuovo governo guidato da Daniel Ortega, cosa invisa ai settori conservatori, locali e non, della Chiesa cattolica.
LA REAZIONE DEL VATICANO
E’ passato alla storia il famoso episodio avvenuto nel 1983 in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II nel paese centroamericano.
La visita era stata organizzata per una riconciliazione ufficiale tra Chiesa cattolica e regime rivoluzionario. Si rivelò, invece, una specie di trappola.
Lo racconta lui stesso in un’intervista rilasciata a Marco Dotti sul sito Vita (2):” Dopo i saluti di protocollo…il papa chiese al presidente Daniel Ortega, se poteva salutare anche i ministri. Naturalmente gli fu detto di sì…Affiancato da Daniel e dal cardinal Casaroli cominciò a dare la mano ai ministri e, quando si avvicinò a me, io feci quello che, anche su consiglio del Nunzio, avevo previsto di fare: togliermi il basco e inginocchiarmi per baciargli l’anello.
Ma egli non permise che glielo baciassi e, brandendo il dito come fosse un bastone, mi disse in tono di rimprovero: “Lei deve regolarizzare la sua situazione”. Siccome io non risposi, tornò a ripetere la brusca ammonizione. E questo mentre eravamo inquadrati da tutte le telecamere del mondo. Ho l’impressione che tutto questo fu ben premeditato dal papa… In realtà, era ingiusta la reprimenda del papa perché io avevo regolarizzato la mia situazione con la Chiesa.
Noi sacerdoti che avevamo incarichi nel governo eravamo stati autorizzati dai vescovi, che avevano reso pubblica la loro autorizzazione (fino a quando il Vaticano ci proibì di mantenere tali incarichi). E la verità è che ciò che più disgustava il papa della Rivoluzione del Nicaragua era che fosse una Rivoluzione che non perseguitava la Chiesa. Avrebbe voluto un regime come quello della Polonia, che era anticattolico in un Paese a maggioranza cattolica, e pertanto impopolare. Quello che neanche lontanamente avrebbe voluto era una Rivoluzione appoggiata massicciamente dai cristiani come era la nostra, in un Paese cristiano, e dunque una Rivoluzione molto popolare. E peggio ancora, la nostra era una Rivoluzione con dei sacerdoti”.
Invitato a dimettersi da ministro ed essendosi rifiutato si arrivo alla sua sospensione a divinis, vissuta con molto dolore.
Continuò a rivestire la carica fino al 1987, quando il suo ministero venne soppresso per ragioni finanziarie. Cardenal abbandonò il FSLN nel 1994, in polemica con quella che lui interpretò come deriva autoritaria nella gestione del partito da parte di Daniel Ortega.
I LABORATORI DI POESIA
Non si può parlare di Cardenal senza ricordare una delle sue più straordinarie “innovazioni”: i “laboratori di poesia” (talleres de poesía).
Approfondendo questo tema possiamo indicare due fasi di questo importante esperimento culturale.
La prima fu quella che avviò subito dopo il suo insediamento al Ministero della Cultura e consistette nell’avvio di numerosi corsi che miravano a coinvolgere soprattutto contadini e militari, insieme ad un grande sforzo di alfabetizzazione.
La seconda fase inizia qualche anno dopo ed è frutto dell’incontro tra il poeta e un primario oncologo italiano.
Si tratta di Giuseppe Masera, direttore dell’oncologia pediatrica di Monza. Nel 1986 riceve un appello da Fernando Silva, pediatra e poeta nicaraguense, direttore dell’unico ospedale pediatrico polispecialistico del paese, La Mascota: “Quando facciamo diagnosi di leucemia o di tumore maligno, con la mia penna devo disegnate accanto al suo nome una piccola croce nera. È destinato a morte certa. Non abbiamo farmaci, specialisti, strutture per curare ed offrire almeno la speranza di guarigione. Chiediamo collaborazione per creare un centro di oncologia pediatrica”.
Giuseppe Masera si reca a Managua ed incontra Ernesto Cardenal, “la persona con cui negli anni Ottanta è nato un progetto visionario- racconta l’oncologo in una intervista concessa al giornalista Massimiliano Rossin (3): “andare negli ospedali con bambini ammalati, oncologici, a insegnare loro che tutto è poesia. Che tutti sono poeti. E capaci, con i versi, di dire anche l’impronunciabile”.
«L’ho incontrato a Reggio Emilia –continua Masera- e gli ho proposto di fare poesia, che lui aveva iniziato con contadini e militari dopo la rivoluzione, anche con i bambini ammalati. All’inizio era perplesso. Poi ha accettato. Io dicevo: i bambini sono creativi, potrebbero essere avviati a scrivere anche poesie. D’altra parte la sua idea era questa: che tutti siano in grado di farlo e che non serve rispettare regole per scrivere in versi. Ed è un mezzo di espressione che consente di dire cose altrimenti difficili».
Da quel giorno il progetto ha preso vita prima a La Mascota e poi anche a Monza, con la presidente della Casa della poesia, Antonetta Carrabs, che nel 2009 è entrata nei reparti dei bambini in cura per tumore e ha tenuto con loro diversi laboratori. Da quel progetto è nato anche il libro “I miei sogni son come conchiglie”, pubblicato da Bur Ragazzi nel 2011 e ancora in catalogo.
GLI ULTIMI ANNI
Passano gli anni e le situazioni, a partire da quelle politiche, cambiano profondamente.
Abbiamo visto come nel 1994 Cardenal lasci non solo il governo, ma anche il Fronte sandinista. Ortega, tornato al potere nel 2006, cambia la Costituzione per consentirsi una rielezione indefinita e coopta nelle istituzioni e nei posti chiave dell’amministrazione i propri famigliari. A partire dalla moglie e vice, Rosario Murillo, da sempre la più acerrima critica del poeta. Nell’aprile 2018 la società civile ha iniziato a ribellarsi al regime di Ortega, populista nella retorica, neoliberista nella pratica.
Una rivolta pacifica, ma repressa nel sangue. Il bilancio è stato tragico: almeno 325 morti, centinaia e centinaia di detenuti politici, decine di migliaia di esuli.
“Il poeta si schiera con la protesta popolare –racconta Lucia Capuzzi (4)- nonostante l’età che avanza e una malattia. Lo fa con la sua parola di denuncia e profezia. Nel 2003, quando riceve il Premio internazionale Mario Benedetti che lo porta di nuovo all’attenzione del mondo culturale a livello mondiale, Cardenal sceglie di dedicarlo al popolo nicaraguense e ad Álvarito Conrado, ucciso da un proiettile il 20 aprile 2018 mentre distribuiva bottiglie d’acqua ai manifestanti anti-Ortega: aveva solo 15 anni.
Il 17 febbraio 2019, il nunzio Waldemar Stanislaw Sommertag comunica a Cardenal la decisione di papa Francesco di concedergli “con benevolenza l’assoluzione da ogni censura canonica imposta”. Era stato lo stesso poeta, ormai 94enne, a chiedere la riammissione all’esercizio presbiteriale, due settimane prima, durante un lungo colloquio con il nunzio. L’anziano sacerdote – raccontano gli amici presenti – aveva ricevuto la notizia con profonda gioia. E aveva insistito per celebrare subito la Messa, ancora disteso sul letto dove lo costringeva la malattia”.
Il 1° marzo scorso la sua morte ne ha concluso la vita terrena, lasciando però a tutti noi un immenso patrimonio di poesia, di pensieri profetici e di umanità.
- Vedi i numeri 13, ott/nov. 2015; 14, dic.2015; 28, febbr.2017; 29-30, marzo/apr.2017.
- Marco Dotti, Vita, Il potere corrompe ogni cosa –intervista ripubblicata il 2 marzo 2020. gni cosa”. Ernesto
- Massimiliano Rossin, Il Cittadino di Monza e Brianza, venerdì 6 marzo 2020.
- Lucia Capuzzi, America Latina in lutto. È morto Ernesto Cardenal, il sacerdote e poeta, Avvenire 2 marzo 2020.