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 Immigrati ai tempi del covid: ripristinare una vera politica per i rifugiati politici e per  l’accoglienza umanitaria, governare i flussi per motivi economici, controllare e rimpatriare –per quanto possibile- tutti gli altri.

di Antonio Vargiu

Ebbene sì, il tema dell’immigrazione torna ad essere scottante e non può certo essere ignorato.

All’ordine del giorno torna la “vecchia” rotta tunisina e la cosa si fa ancora più pesante in questo periodo di pandemia. 

Le principali domande che ci dobbiamo porre sono le seguenti:

  1. è possibile tornare a programmare flussi migratori legati ad esempio ai lavori stagionali della nostra agricoltura, in modo anche da saltare le “mediazioni illegali” di manodopera e i caporalati?
  2. è possibile accogliere chi è entrato in territorio italiano come rifugiato politico (e quindi perseguitato nel proprio paese) o per “motivi umanitari”, cercando di operare una loro attiva integrazione?
  3. è possibile rimpatriare coloro che non hanno diritto a stare nel nostro paese, a partire dai cittadini di quei paesi con i quali abbiamo in atto accordi bilaterali?

Siamo stufi della politica leghista e della “destra becera”.

Premessa: non ci sono ricette miracolose che impediscano “fisicamente” l’entrata in Italia di immigrati illegali. I confini terresti (Nord Italia) misurano 1890 Km, quelli marini (intesi in senso stretto come sviluppo delle nostre coste) sono circa 7 mila 900 Km!.

In giro c’è una “vandea” di “urlatori” che incitano a lasciare in mare chi osa avvicinarsi alle nostre coste. E anche cacciare gli immigrati sembra non andare più bene per questi “urlatori”: “loro fanno i turisti e noi dobbiamo esser chiusi nelle nostre case”!

Diciamolo subito: italiani brava gente? Oggi molti fanno a gara per farci dubitare di questa nostra inveterata convinzione.

Ma procediamo con ordine e ragioniamo.

Una legge equilibrata sull’immigrazione (la cosiddetta legge Turco-Napolitano, n.40 del 1998): chi l’ha fatta sparire? I governi di destra!

Era la prima legge di carattere organico e generale sull’immigrazione e si articolava in questo modo:

  1. una programmazione dei flussi immigratori, definendo le necessità di manodopera in collaborazione con le forze produttive italiane;
  2. promozione dell’integrazione sia lavorativa che sociale degli immigrati “tramite provvedimenti quali la previsione di ingresso per ricerca di lavoro, la costituzione di una carta di soggiorno per stabilizzare i residenti di lungo periodo e l’estensione delle cure sanitarie di base anche agli immigrati clandestini (…) (Francesco CasellaMaster in analisi, prevenzione e contrasto della corruzione e della criminalità organizzata Università di Pisa – dal sito Avviso pubblico)”;
  3. espulsione degli immigrati irregolari, supportata da una politica estera volta a favorire la crescita di quote di immigrazione a favore di quei Paesi con i quali veniva stabilito un accordo di collaborazione per il rimpatrio di immigrati espulsi dall’Italia.

La realizzazione di tutti questi buoni propositi è stata impedita dalle successive leggi di centro destra, che –come le grida manzoniane- continuavano a tuonare contro l’immigrazione (per loro erano tutti clandestini), ma mostrando solo rabbia e impotenza.

Come funzionavano le regole per i “richiedenti asilo” prima del “decreto Salvini”(1).

Ne fa una sintesi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera (2): La legge prevede che al momento dell’arrivo in Italia ogni migrante debba essere portato negli hotspot per essere identificato e fotosegnalato. Chi fa richiesta di asilo deve essere trasferito in un centro di accoglienza dove rimane sino a quando non si stabilisce se abbia diritto allo status di rifugiato. Alcuni entrano nei Cara, altri trovano riparo nelle strutture più piccole sparse in tutto il Paese che possono essere gestite dallo Stato, ma anche dai privati e dalle associazioni religiose o di volontari. Sono liberi e dunque hanno la possibilità di uscire, ma anche di trovarsi un lavoro o comunque un’altra sistemazione. Le strutture di prima accoglienza sono circa 9.000 e secondo i dati dell’Interno le persone ospitate al 31 dicembre scorso erano 135.858, comprese quelle ancora all’interno degli hotspot”.

 

Tutto cambia con il “decreto Salvini”

Delle nuove “regole” ne vogliamo citare due tra le più incivili:

  • l’abolizione della protezione umanitaria, che forniva ai cittadini stranieri che ne facevano richiesta un permesso di soggiorno;
  • l’espulsione dagli “Sprar (sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), che sotto l’egida dei comuni, accoglievano i richiedenti asilo; ora i Comuni possono accogliere solo i minori non accompagnati o chi ha già ha avuto la protezione internazionale.

      

Un episodio vergognoso la fine dei “Cara” e l’abbandono “sulla strada” di immigrati a cui non è stata più riconosciuta la protezione umanitaria.

 

E’ molto istruttivo ricordarci delle cose vergognose successe, anche al fine di decidere di porvi rimedio.

A questo fine utilizziamo il racconto della giornalista Alessandra Ziniti su Repubblica del 22 gennaio 2019 (3) la cronaca del “giorno dopo” la chiusura del Cara (centro accoglienza richiedenti asilo) di Castelnuovo (Rm):

“Preavviso di appena 48 ore, in sordina, oggi il blitz con l’esercito. Il Cara di Castelnuovo di Porto, il secondo più grande d’Italia dopo quello di Mineo, nel giro di pochi giorni sarà chiuso. Tutti via i migranti, deportati in altre regioni d’Italia e distribuiti in non si sa in quali strutture. Messi per strada da un giorno all’altro i circa 150 immigrati titolari di protezione umanitaria che, per effetto del decreto Salvini, non potendo più ambire a passare in uno Sprar, perdono anche il diritto alla prima accoglienza.

A decine questa mattina, con le proprie cose in un sacco, erano alla fermata dell’autobus in cerca di un passaggio verso Roma mentre gli altri sono stati divisi in gruppi tra uomini, donne e bambini per essere trasferiti. I primi 30 sono stati portati via in autobus già questa mattina, un altro gruppo di 75 verrà trasferito domani. Lo smantellamento della struttura arriva improvviso e dovrà essere completato entro il 31 gennaio. Protesta il sindaco di Castelnuovo per l’improvviso stop ad una delle rare esperienze di positiva integrazione del territorio dei migranti, la più parte dei quali saranno costretti ad interrompere i percorsi già avviati di studio e lavoro.

“Siamo dispiaciuti e preoccupati. Chiediamo che non vengano trattati come bestiame“, ha detto il parroco di Santa Lucia, padre José Manuel Torres, messicano, dei Servi di Gesù, che ospiterà oggi pomeriggio l’inizio di una marcia silenziosa per esprimere solidarietà agli ospiti del Cara A pochi passi dalla scuola elementare dove studiavano alcuni bambini del Cara, “strappati – dice il parroco – all’improvviso dal percorso che avevano iniziato”.

 

Questo è stato dunque il “metodo Salvini” per risolvere il “problema immigranti”.

Sostanzialmente –secondo lui- se sparivano i luoghi di raccolta spariva il problema degli immigrati. Dove andavano, cosa avrebbero fatto non importava. Tutto andava nascosto sotto il tappeto!

Secondo lui in questa maniera, secondo lui, gli italiani avrebbero anche risparmiato dei soldi!

Ma come hanno campato poi, senza integrazione, senza lavoro, senza prospettive? Perché il problema è proprio questo: sono pochi i paesi con cui abbiamo accordi per il rimpatrio in caso di entrata irregolare nel nostro territorio.

La conseguenza è queste persone rimangono nel nostro paese in balia degli eventi e qualche volta anche di organizzazioni a delinquere, ben radicate dovunque e non solo in ben determinati “territori di origine”!

In epoca di pandemia questo atteggiamento dovrebbe far rabbrividire tutti, anche fosse solo per egoismo e per salvaguardare la propria salute!

Nello stesso tempo sono stati danneggiati anche lavoratori italiani qualificati e fatti sparire posti di lavoro. Perché ovviamente integrazione significa imparare la nostra lingua, conoscere e rispettare le nostre leggi, far conoscere i nostri “usi e costumi”. Ad esempio a Castelnuovo operavano insegnanti, per l’italiano ma non solo, in quanto si cercava di fornire a tutti un mestiere, operavano mediatori culturali ecc. Tutti rimasti senza lavoro al momento della chiusura della struttura.

Ultima notazione di cronaca: il 24 marzo 2016 il papa Francesco era stato a visitare la struttura, lodata per la sua capacità di integrarsi sul territorio.

Quando il Papa lavò i piedi ai migranti di Castelnuovo di Porto (Rm)

Era il Giovedì Santo e il papa lavò i piedi a 12 giovani ospiti, una volontaria cattolica e 11 rifugiati, tra cui tre mussulmani e un indù, terminando così l’incontro:

 Adesso vi saluterei uno a uno, di tutto cuore. Vi ringrazio di questo incontro. E soltanto ricordiamoci e facciamo vedere che è bello vivere insieme come fratelli, con culture, religioni e tradizioni differenti: siamo tutti fratelli! E questo ha un nome: pace e amore. Grazie (4)”.

 

I numeri dell’immigrazione via mare: in rialzo, ma modesti.

In questi giorni di fine luglio e di agosto è tornata alla ribalta dell’immigrazione irregolare la cosiddetta “rotta tunisina”.

Molto precisa è la ricostruzione di quello che sta avvenendo in queste settimane fatta dalla giornalista della rivista Internazionale on line, Annalisa Camilli (5):

“Nel 2020 i tunisini sono il gruppo più numeroso tra i migranti arrivati in Italia. Su 14mila persone approdate via mare da gennaio, 5.909 (cioè il 40 per cento) sono tunisini. Quasi tutti con piccole imbarcazioni, attraccate direttamente sulle coste di Lampedusa o della Sicilia. Sono lontani i numeri raggiunti nel 2011 – l’anno della rivoluzione tunisina – quando in pochi mesi a Lampedusa arrivarono tra le 11mila e le 15mila persone. Tuttavia è bastato che aumentassero gli arrivi nella piccola isola italiana per fare andare il tilt il sistema di accoglienza, ridimensionato dal primo decreto sicurezza del 2018 (quello varato dal primo governo Conte –Di Maio, Salvini- ndr)”.

Nonostante i numeri non elevati, è inaccettabile essersi fatti cogliere di sorpresa.

In particolare è inaccettabile:

  1. non aver predisposto strutture adeguate ad accogliere e a controllare i nuovi arrivi;
  2. non aver predisposto misure in grado di impedire agli immigrati tunisini di fuggire, in più occasioni, dalle sedi loro assegnate;
  3. aver vanificato i controlli anticovid consentendo il non rispetto della “quarantena”.

Non sono cose su cui è possibile scherzare. A questo proposito vogliamo riportare –in larga parte- l’intervista concessa, durante la Festa dell’Unità a Pesaro, a Fiorenza Sarzanini il 29 agosto 2017 dal ministro degli Interni pro tempore Minniti:

(Afp)

Marco Minniti

“L’immigrazione si risolve investendo nei Paesi africani”

“Per risolvere il problema dell’immigrazione occorre investire grandi risorse nei Paesi africani della Guinea al Ciad del Niger a tutta la zona subsahariana. Quanti soldi? Almeno quanti sono stati investiti per la Turchia e la rotta balcanica”. “Se l’Africa sta male l’Europa starà male, se l’Africa sta bene l’Europa starà bene. Per questo – ha detto il ministro – occorre un piano di sviluppo per i Paesi africani e occorre formare una classe dirigente stabile. In questo modo nel giro di tre anni potremo davvero affrontare il problema dell’immigrazione”.

“Ho temuto per la tenuta democratica dell’Italia”

“Ad un certo momento ho temuto che davanti all’ondata migratoria e alle problematiche di gestione dei flussi avanzate dei sindaci ci fosse un rischio per la tenuta democratica del Paese. Per questo dovevamo agire come abbiamo fatto non aspettando più gli altri paesi europei”. “Quando il 29 giugno sono arrivati 12.500 migranti in sole 36 ore su 25 navi diverse”, ha ricordato il ministro, “la situazione era davvero difficile e io quel giorno sono dovuto tornare subito dall’Irlanda. Non potevamo continuare a gestire in questo modo i flussi migratori e abbiamo agito in modo nuovo. Ora l’Europa ci ringrazia per questo. Il Mediterraneo centrale è tornato al centro dell’attenzione dell’Unione europea”.

“Impressionato dai piani presentati da Tripoli”

“Il traffico di esseri umani è attualmente la principale attività economica in alcune realtà della Libia, a cominciare da Sabrata. Per combatterlo, occorre fornire sostegno ai sindaci dalle città libiche costruendo con loro percorsi alternativi che li aiutino a realizzare uno sviluppo futuro diverso e stabile”. “Sono rimasto positivamente stupito – ha detto ancora – dal livello dei masterplan che ci hanno presentato a Tripoli nel luglio scorso i sindaci delle 14 città della Libia che abbiamo incontrato insieme ai delegati dell’Anci. Per questo dico loro che, se ci aiuteranno nella lotta al traffico di esseri umani e nella gestione dei flussi migratori provenienti dall’Africa centrale, noi li sosterremo nella creazione di un circuito economico nuovo nei loro territori”.

Si parla anche della legge sullo Ius soli, che il ministro auspica di “approvare subito, una legge di civiltà”. Sottolineando che “il problema dell’immigrazione non c’entra nulla con questo progetto, ed è particolarmente ponderata. E’ elemento importante della politiche di integrazione e favorisce la creazione di un paese più sicuro non più debole. Sullo ius soli si gioca il futuro del nostro paese”, ha aggiunto Minniti: “Quelli che hanno colpito in Europa negli ultimi attentati non venivano da fuori ma erano persone non integrate nei loro sistemi. Se vogliamo più sicurezza”, ha rimarcato il ministro dell’Interno, “dobbiamo fare meglio e non far aspettare 18 anni per dare la cittadinanza a ragazzi che sono italiani”.

Nello stesso tempo –sottolineiamo noi- dare prova di inerzia dà spazio all’estrema destra per scatenare nel nostro paese ondate di xenofobia capaci di mettere in discussione la convivenza tra le persone e i nostri principi democratici. L’esperienza di “Alba dorata” in Grecia ci deve mettere per tempo sull’avviso.

L’attuale governo sta –nonostante tutto- reagendo.

Certamente il governo è criticabile per non aver retto il primo impatto della nuova rotta di immigrazione. Dobbiamo però dare atto che sta reagendo in maniera appropriata.

La Tunisia è un paese con cui abbiamo accordi di rimpatrio.

Non sono molti questi paesi e questi accordi, ma ci sono e dobbiamo, quindi, saperli valorizzare.

Una delle prime cose fatte –giustamente- dal nostro Ministro degli interni è stata quella di andare a Tunisi per potenziare quanto previsto dagli accordi oggi in vigore.

“Lamorgese ricorda quindi l’incontro, nei giorni scorsi, a Tunisi con il presidente della Repubblica Kais Saied e il presidente incaricato, il ministro dell’Interno Hichem Mechichi: “Abbiamo concordato per agosto un incremento di rimpatri sui voli bisettimanali già riattivati lo scorso 16 luglio dopo lo stop imposto dal lockdown” e “abbiamo sollecitato anche modalità più flessibili per il rimpatrio, un gesto simbolico da parte della Tunisia, magari anche con l’utilizzo di navi per effettuare un numero consistente di rimpatri” (6).

Luciana Lamorgese conferma “la linea dura” contro gli ultimi sbarchi.

Così continua infatti l’intervista citata: “Garantiremo la tutela della salute pubblica delle nostre comunità locali, ma i migranti economici sappiano che non c’è alcuna possibilità di regolarizzazione per chi è giunto in Italia dopo l’8 marzo 2020“.

Questi sono, infatti, “passi obbligati per gestire l’impatto di un flusso straordinario di sbarchi autonomi di migranti economici reso ancora più complesso dall’emergenza Covid 19“.

Naturalmente ricorda come viene affrontata questa “emergenza”: “Tutti i migranti che sbarcano sulle nostre coste sono sottoposti al test sierologico e poi al tampone. La quarantena è obbligatoria per tutti, ma prima di trovare posti dedicati il Viminale deve affrontare mille ‘no’ che arrivano da comuni e Regioni”, sottolinea Lamorgese.

Difficoltà motivate dall’incapacità di fare politica anche a livello territoriale, dal lasciarsi andare alla demagogia, dal non sapersi opporre con motivi razionali ed etici a chi va in cerca solo di facili voti.

Ma “l’intesa è stata raggiunta. Ora inizia la fase del confronto con gli enti territoriali per valutare insieme i profili del nuovo sistema di accoglienza“, conclude il ministro dell’Interno affrontando il tema dei decreti sicurezza”.

 

Un segno di speranza: abbiamo un ministro degli interni serio, impegnato ogni giorno a risolvere problemi.

Concludiamo così questo articolo, con un elemento concreto di speranza basato su una ritrovata capacità operativa del nostro ministero degli interni, che ovviamente dovrà trovare la giusta collaborazione anche con altri ministeri coinvolti in queste problematiche.

Ad esempio il Ministero della Difesa, se si vuole avere una collaborazione nel controllo dei centri (o in qualche caso anche delle navi) in cui vengono mandati i nuovi immigrati irregolari.

Ma anche del Ministero degli Esteri, al fine di predisporre anche gli aiuti necessari per quei paesi che scelgono di collaborare con l’Italia per contenere i flussi della emigrazione clandestina (consiglio all’attuale Ministro: agitare minacce di tagliare fondi non serve a niente, serve aiutare veramente chi ha bisogno a casa propria, l’incapacità di tutelare efficacemente i nostri interessi in Libia dovrebbe aiutarci a fare qualche mea culpa).

 

  1. Decreto legge 4 ottobre 2018, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018, n.132 (G.U. 03/12/2018, n.281.
  2. Fiorenza Sarzanini, Migranti chiuso il Cara di Castelnuovo, Corriere della Sera, 22 gennaio 2019.
  3. Alessandra Ziniti, Blitz a Castelnuovo di Porto, La Repubblica, 22 gennaio 2019.
  4. Parole pronunciate da papa Francesco al termine della Messa (fonte: agenzia ufficiale vaticana).
  5. Annalisa Camilli, A Lampedusa si torna indietro di dieci anni sull’immigrazione, Internazionale on line, 6 agosto 2020.
  6. Intervista a Luciana Lamorgese fatta al Corriere della Sera e riportata dall’agenzia Agi, 1 agosto 2020.

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