di Antonio Vargiu
In un periodo molto particolare come questo in cui la pandemia sta sconvolgendo tutti gli ambiti della vita sociale e lavorativa, non poteva mancare l’emanazione di normative ad hoc che consentissero di affrontare in maniera specifica la situazione di emergenza.
Non ne facciamo qui l’elenco: basti ricordare –per quanto riguarda il mondo del lavoro- la nuova “entrata in campo” della cassa integrazione in deroga, volta a garantire –anche se in maniera non completa e non sempre in modo tempestivo ed efficiente- la continuità di reddito dei lavoratori, con un impegno di risorse notevoli da parte dello Stato.
Tra le varie misure prese vogliamo qui illustrare le nuove norme che regolano il cosiddetto “lavoro agile” o “smart working”, che ha ormai soppiantato –come lavoro al di fuori delle “mura aziendali”- il più tradizionale “lavoro da casa” o telelavoro.
Il “vecchio” telelavoro.
Il lavoro al di fuori delle “sedi” aziendali non nasce certo adesso e viaggia in parallelo con lo sviluppo delle tecnologie informatiche. Se ne parla a livello europeo già nei primi anni duemila e viene tradotto non in una Direttiva europea, destinata a tradursi in leggi dei singoli Stati nazionali, ma in un accordo europeo tra le parti sociali.
In Italia viene “tradotto” –per i settori privati- dall’accordo interconfederale del 9 giugno 2004, sottoscritto da tutte le associazioni imprenditoriali e Cgil Cisl e Uil.
Il nuovo “lavoro agile” o smart working.
L’espressione inglese, ormai di moda, parla di un modo di lavorare “agile/intelligente”, usando un aggettivo già usato in occasione della ricerca di un modo nuovo di vivere le città: “smart city”. Ma la legge italiana che introduce questa modalità di lavoro usa il termine di “lavoro agile”.
Vediamo subito le differenze dal telelavoro.
La legge (1)
Il legislatore, nell’introdurre le nuove norme, si dà due obiettivi (art.18):
a) incrementare la competitività delle aziende;
b) agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Definizione del lavoro agile
E’ una modalità di esecuzione del lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti (accordo individuale –ndr). Le forme di organizzazione di questo lavoro possono essere per “fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro, ma entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva…”.
La prestazione viene eseguita in parte nei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa.
Responsabilità del datore di lavoro e diritti di precedenza
Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività.
Viene stabilito un diritto di precedenza per il lavoro agile a favore delle donne nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità e dei lavoratori con figli disabili.
I premi
Anche al lavoratore agile vengono riconosciuti gli incentivi fiscali e previdenziali collegati ad incrementi di produttività ed efficienza.
La forma del lavoro agile
L’accordo relativo al lavoro agile è stipulato per iscritto “ai fini della regolarità amministrativa e della prova” (art.19) e regola l’esecuzione del lavoro all’esterno dei locali aziendali.
Inoltre il patto individuale regola le forme e disciplina il potere direttivo del datore di lavoro, l’utilizzo degli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche.
L’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso, il preavviso per il recesso non può essere inferiore a trenta giorni.
Diritti dei lavoratori “agili”
Il “lavoratore agile” ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato –in attuazione dei contratti collettivi di cui all’art.51 del dlgs 15 giugno 2015 n.81 (stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) nei confronti dei lavoratori che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno della sede aziendale (art.20).
E’ riconosciuto anche il diritto all’apprendimento permanente e alla periodica certificazione delle proprie competenze.
Il potere di controllo del datore di lavoro (art.21).
L’accordo individuale, nel capitolo relativo alle modalità di lavoro, disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto dell’art.4 dello Statuto dei lavoratori.
L’accordo individua anche le condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
La sicurezza sul lavoro (art.22).
Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza anche del “lavoratore agile”. A questo fine, almeno una volta l’anno, consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un’informativa scritta con l’indicazione dei rischi, generali e specifici.
Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (art.23).
Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Sono riconosciuti come infortuni sul lavoro anche quelli che occorrono durante il normale percorso di andata e ritorno da casa al luogo prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa, quando la scelta stessa sia dettata da esigenze connesse alla prestazione o quando derivi dalla necessità di conciliare lavoro ed esigenze di vita e risponda a criteri di ragionevolezza.
La legislazione emergenziale
Fin qui abbiamo delineato le modalità secondo le quali si deve svolgere il “lavoro agile”, che per molti versi ricorda il lavoro a tempo parziale, anch’esso frutto di un “accordo individuale”, anche se la contrattazione collettiva si è premurata di inserirlo all’interno di un quadro normativo più complessivo.
Mentre prima dell’emergenza abbiamo visto, da parte delle aziende, un approccio molto cauto alla nuova modalità, nel pieno dell’epidemia è subentrata la necessità di un massiccio ricorso al lavoro svolto fuori dell’abituale sede aziendale.
E’ quindi intervenuto il governo che, in un decreto del presidente del consiglio dei ministri attuativo del decreto-legge del 23 febbraio 2020, stabilisce che, sostanzialmente, il datore di lavoro può mettere i lavoratori in “smart working” anche senza l’accordo tra le parti (2).
Mano libera, quindi, alle aziende, nel rispetto, ovviamente, delle specifiche norme di legge, ma senza ulteriori trattamenti derivanti da accordi individuali o collettivi – questi ultimi fatti solo in una minoranza delle realtà produttive del nostro paese- e senza una particolare discussione sulla nuova organizzazione del lavoro.
Ovviamente questa norma non è stata contestata dai lavoratori per un semplice motivo: ha prevalso nell’immediato più il vantaggio di lavorare da casa (non si parla certo di altre sedi di lavoro) e di evitare contatti potenzialmente pericolosi rispetto ai disagi, anche materiali, che un uso massiccio del lavoro da remoto comporta.
Questa, però, è l’emergenza. La partita si riaprirà nel momento in cui le aziende avranno una visione della strutturalità del “lavoro agile” e le organizzazioni sindacali saranno pronte ad avviare una contrattazione delle nuove modalità di lavoro.
In questa prospettiva, nei prossimi articoli, parleremo di alcune esperienze di contrattazione aziendale sul “lavoro agile”.
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legge 22 maggio 2017, n. 81, misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, artt. 18-23.
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p.c.m. 1 marzo 2020, Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da CO-VID-19;