Ha lasciato da poco l’incarico di segretario generale della Uil (novembre 2014), ma non certo l’impegno nel sindacato: è Luigi Angeletti, con cui abbiamo avuto una lunga conversazione, che abbiamo condensato in questa intervista.
Nell’occasione non solo abbiamo ripercorso i punti centrali della linea che la Uil si è data sotto la sua guida, ma anche abbiamo approfondito ragionamenti e temi, con spiegazioni per alcuni versi originali ed inedite.
Come sai, su questo sito abbiamo aperto un dibattito sia sulla storia del sindacato, a partire dalla concertazione e dai grandi accordo trilaterali (governo associazioni imprenditoriali e sindacati), sia sul contesto politico e sociale –la più lunga crisi della repubblica- che dobbiamo oggi affrontare.
“Sui grandi accordi di concertazione dobbiamo dire una cosa chiara: quegli accordi sono stati possibili grazie alla debolezza della “politica”, cioè grazie al fatto che, in situazioni eccezionali e difficili i governi e le forze politiche di maggioranza non se la sono sentita di procedere senza il consenso delle forze sociali”
Comunque quegli accordi sono stati positivi per il paese.
“Certamente, in circostanze importanti, hanno consentito di evitare addirittura il fallimento dell’Italia.
Per quanto riguarda la politica economica quegli accordi hanno contribuito, in maniera molto efficace, a combattere quello che era il maggior problema dell’epoca, cioè gli alti tassi di inflazione.
Allora tutti hanno fatto la propria parte, anche i sindacati che allora accettarono una politica salariale “moderata” in cambio di misure a sostegno dei salari reali dei lavoratori”.
Come spieghi la fine della concertazione?
“La concertazione è morta innanzitutto per la fine del suo “oggetto”: l’obiettivo della disinflazione è stato raggiunto, ma altri obiettivi governo e forze sociali non sono riuscite a darsene”.
Ad esempio?
“Semplicemente questo: nel momento di “concertare per lo sviluppo” diversi soggetti sono mancati all’appello. In ambito sindacale, ad esempio, nel momento in cui a livello centrale doveva essere messa in campo una disponibilità ad una organizzazione del lavoro più flessibile, funzionale ad un maggior utilizzo degli impianti e ad una maggiore produttività, qualcuno si è tirato indietro: mi riferisco in particolare alla Cgil.
Così alla fine abbiamo visto l’ultimo episodio di un “grande accordo”, il cosiddetto patto di Natale, che conteneva impegni solo per il governo. Questa è stata la fine della concertazione”.
Oggi non solo assistiamo alla fine della concertazione, ma anche alla fine di un dialogo sociale tra governo e forze sociali, in particolare con i sindacati.
“Innanzitutto spieghiamo il significato di “dialogo sociale”. Si tratta di una vera e propria riappropriazione, da parte del governo, di un suo diritto a decidere anche senza o contro le forze sociali. Così è stato per il governo Monti”.
Con Renzi sembra che si sia andati oltre.
“In effetti con il suo governo sono sparite anche le tracce di dialogo sociale. Il presidente del consiglio, avendo accettato di guidare il governo in un periodo di forte emergenza, ha portato alle estreme conseguenze le tesi sull’ “autonomia della sfera politica”. In un certo senso tende a costruire il “sindaco d’Italia”, con ampi poteri decisionali, rimodellando a questo fine anche il sistema elettorale”.
Possiamo parlare di un modello elettorale, l'”italicum”, che tendenzialmente vuole favorire il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo, con tutte le conseguenze, negative, tra le quali il non dover tener conto di realtà e blocchi sociali.
“Del resto la sua politica è quella non solo di non tenerne conto, ma di frantumarli. Da una parte bolla come “vecchie”, e, quindi, da rottamare, non solo vecchie dirigenze, ma gli stessi sindacati o qualunque aggregazione di interessi consolidati e quindi , dal suo punto di vista, “vecchi”.
Con una battuta: siamo ad uno scontro tra una “politica liquida”, libera di cercare alleanze con chiunque e dovunque, e organizzazioni sociali “solide”, come i sindacati, che, nonostante tutto, possono contare ancora su milioni di iscritti.
Su quale base di consensi si muove Renzi? Cercando di mobilitare gli “esclusi”, che per lui sono i lavoratori autonomi, le partite iva (vere o fasulle, aggiungiamo noi ndr), i piccoli imprenditori.
Le protezione e le difese per i lavoratori, costruite dai sindacati in tanti anni, sono per lui una barriera all’ingresso al lavoro. Questa barriera è, per lui, la vera causa dell’aggravamento della crisi e non l’inadeguatezza delle politiche economiche, europee e italiane.
Badate bene: questa scelta di campo sta funzionando e gli sta fruttando reali consensi, di cui è bene tener conto.
Diciamocelo francamente: questo atteggiamento di rottura, culminato con lo jobs act e con l’indebolimento della tutela dei lavoratori rispetto ai licenziamenti, ha provocato un trauma nei sindacati.
Noi abbiamo sempre avuto la necessità di avere una interlocuzione nelle istituzioni politiche e nel governo, per ottenere provvedimenti a favore dei nostri associati (giustamente fai l’esempio degli ammortizzatori sociali), dall’altra ci si trova come di fronte ad un muro.
E’ iniziata, quindi, un’altra era e prima ce ne rendiamo contro e meglio è”.