(cartina tratta da Il Corriere della Sera)
di Antonio Vargiu
In questo periodo di esplosione di guerre di odi e di rancori, praticamente in ogni parte del mondo, in questo Natale di rinnovati conflitti, in queste ore buie, si leva da Israele una voce, che ora si perde nel deserto, come avvenne anche per gli antichi profeti, ma che sarà prezioso ascoltarla e riascoltarla quando tutti insieme decideremo di costruire un mondo più pacifico e umano.
Qui di seguito riportiamo quindi l’editoriale di Gideon Levy, riportato da Il Sole 24 ore il 12 dicembre u.s. (1)
Gideon Levy, Hamas e Israele, odio che chiama altro odio.
“Un padre in lutto, il cui figlio do otto anni è stato ucciso dai soldati, questa settimana si è fermato all’ingresso della sua casa al confine con il campo profughi di Jenin e ha affermato una semplice verità:” Questi bambini non perdoneranno mai i soldati. State crescendo un’altra generazione di resistenza. Ora i nostri figli vogliono che anche i bambini israeliani vengano uccisi”.
Ho visitato la casa dell’uomo, Samer al-Ghoul, dopo una visita al campo di Jenin, dove nei giorni scorsi le Forze di Difesa Israeliane hanno di nuovo seminato distruzione, in misura orribile. Circa 80 case sono state distrutte, tutte le strade del campo sono state sradicate dal loro posto e le fognature, le cui infrastrutture sono state distrutte, scorrono nelle strade e lasciano uscire fetore. I bambini del campo di Jenin ci sguazzano dentro.
Dall’altra parte dei regni “occupati”, i bambini vengono uccisi a migliaia. Le recenti immagini da Jabalia hanno dimostrato che né Dio né l’Idf hanno pietà dei bambini.
Ogni 15 minuti, un bambino viene ucciso a Gaza. Ogni pochi minuti, un bambino viene portato di corsa in ciò che resta di un ospedale, gettato sul pavimento sudicio, a volte senza che nessuno lo accompagni.
A volte nessuno sa se è rimasto qualcuno vivo in famiglia, e il bambino lancia uno sguardo incomprensibile e vitreo a ciò che sta accadendo attorno a lui. Il suo corpo e il suo viso sono coperti di polvere. E’ stato estratto dalle rovine. Queste immagini vengono trasmesse in continuazione da tutti i canali televisivi che conoscono il dignificato di giornalismo, ad eccezione della televisione israeliana, che non mostra nulla di tutto ciò, completamente mobilitata al servizio della guerra.
Tutti questi bambini – i morti, i morenti, i sanguinanti, i feriti, i disabili, gli orfani, i terrorizzati, i senzatetto e gli squattrinati- hanno fratelli e amici che crescono con loro. Sono la prossima generazione e non dimenticheranno mai. Mentre Israele si preoccupa della sua terribile e giustificata rabbia per ciò che Hamas gli ha fatto, e di curare le sue ferite e i suoi feriti, quasi nessuno si scandalizza per ciò che l’Idf sta facendo a Gaza e Jenin.
Nessuno pensa al trauma all’ombra del quale cresceranno i bambini di Gaza, alla sofferenza inconcepibile di decine di migliaia di bambini che ora camminano indifesi, nella paura esistenziale, per le strade in rovina. Non hanno un un rifugio antiatomico, né un centro di resilienza, né un consulto psicologico e nemmeno una casa.
Forse è lecito e naturale per una nazione concentrarsi solo sul proprio dolore e ignorare il dolore ben più grande che sta causando a un’altra nazione. Questo è molto dubbio. Ma questo ignorare avrà anche un prezzo che gli israeliani saranno costretti a pagare un giorno, e il prezzo -almeno quello- dovrebbe disturbarli.
Un attacco sfrenato e terribilmente crudele contro Gaza crea un odio verso Israele a livelli mai visti prima, a Gaza, in Cisgiordania, nella diaspora palestinese, nel mondo arabo e ovunque nel mondo, dove la gente vede ciò che gli israeliani non vedono e non vogliono vedere. E ciò che è ancora più terribile è che questo odio sarà giustificato.
Niente sarà più giustificato.
Guardate quale odio è stato seminato nei cuori di quasi tutti gli israeliani da un solo barbaro attacco. Ha distrutto le vestigia del campo di pace, ha trasformato il grido “morte agli arabi” in qualcosa di anacronistico e moderato. Ora è “morte a tutti gli arabi”. Alcuni lo dicono ad alta voce, altri lo pensano soltanto. Immaginate quali semi di odio stiano germogliando in ogni luogo che ora è esposto agli orrori, da Shujaiya a Manhattan ad Amman.
Si possono vedere gli orrori di Gaza e non odiare coloro che li stanno infliggendo? Vivere ciò che sta accadendo a Gaza e non sognare di vendicarsi? Generazioni di palestinesi hanno lasciato in eredità l’odio per Israele come risultato della prima “Nakba” (2) e altre generazioni ora lasceranno in eredità un odio ancora maggiore, come risultato della seconda “Nakba” che è stata loro promessa.
“La prossima generazione dorme nella stanza accanto/la sento respirare/La prossima generazione sogna nella stanza accanto/e mormora paure nel sonno” canta Hanan Yovel sulle parole di Ehud Manor. La prossima generazione palestinese mormora paure nel sonno, ma non è nella stanza accanto-non ha spazio.
Tra qualche mese, i bravi israeliani si recheranno ancora una volta a Parigi e a Londra, a Dubai e a New York e rimarranno scioccati da quanto ci odiano. Perché? Che cosa abbiamo fatto di male?
1) Il Sole 24 ore, 12 dicembre u.s., Israele e Hamas, odio che chiama altro odio, Gideon Levy, editoriale pubblicato su Haaretz (quotidiano israeliano pubblicato a Tel Aviv, il cui nome significa “la terra”).
2) NaKba
Parola araba che significa «la catastrofe». Nome con cui si indica, nella storiografia araba contemporanea, l’esodo forzato di ca. 700.000 arabi palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana del 1948 e della guerra civile che la precedette (dalla Enciclopedia Treccani).