Lo spunto per questo editoriale me lo danno, ancora una volta, amici sindacalisti che continuano a meravigliarsi del fatto che, pur essendo spesso impegnato in vertenze che, soprattutto in questo periodo, sono “lacrime e sangue” per i lavoratori e, in particolare, per quelli del terziario, tornati alla tradizionale carenza di ammortizzatori sociali dopo la fine della cassa in deroga, non cessi la mia voglia di scrivere e, soprattutto, di scrivere versi.
Altri lo ritengono addirittura un modo di passare il tempo, visto il diradarsi di vertenze vittoriose. “Se non troviamo il modo di trovare soluzioni vincenti, soluzioni che risolvano i problemi dei lavoratori, non ci resta che scrivere poesie”!
Ne verrebbe fuori, quindi, per la poesia, una collocazione al di fuori dalla realtà che si vive tutti i giorni. Tutto il contrario, cioè, di quello che ritengo essere oggi la poesia.
Contro questa concezione di uno “spirito poetico” astratto dalle vicende della vita, non finirò mai di combattere. Intanto andiamo a scoprire il significato stesso della parola “poesia”. Sorprenderà molti il risultato dello sforzo di andare a scavare alla radice della parola “poeta”.
L’origine è il verbo greco “poieo”, che significa creo, produco, faccio. Niente di astratto, dunque, ma di molto concreto: “agire con le parole” non costituisce una contraddizione, è agire sulla comprensione delle cose, sulla convinzione delle persone, sullo stimolo al fare che è proprio del trittico “pensiero, parole, azione”.
Certo con la poesia non si fa la “rivoluzione”, ma si può aiutare a creare una mentalità volta ad un cambiamento più positivo per sé stessi e più solidale nella comunità in cui si è inseriti.
Ai cristiani Giovanni ricorda che “la parola si è fatta carne ed abitò in noi”, ma questa espressione ha una sua validità anche per i non cristiani.
In questo inizio d’anno è bello, per me, confermare l’impegno di continuare in una scrittura non accademica o di maniera, ma in cui scorra il vissuto, le esperienze che vengono fatte, le riflessioni sull’essenza delle cose.
Tutto questo per costruire con le parole dei ponti, per contribuire –come una piccola goccia nell’oceano- ad una migliore comprensione tra gli uomini.
La poesia, quindi, non come un rifugio (la vecchia Arcadia), ma come parte di un impegno totale, personale e sociale.