di Antonio Vargiu
L’estate: stagione di scoperte.
E’ tornata l’estate e con essa buone notizie per quanto riguarda la pandemia: il clima, almeno in Italia, sembra limitare la diffusione del virus. Inoltre quest’anno c’è un fatto nuovo: la vaccinazione, che sta procedendo a passi abbastanza veloci, tutela una percentuale sempre maggiore di chi vive nel nostro paese. Sicuramente è in grado di limitare le conseguenze più gravi del contagio.
Tutto questo si sta traducendo in una forte ripresa del turismo, almeno di quello interno.
Questo significa che la gente delle città sta tornando a popolare le campagne, le coste, le colline e i monti. Sta cioè coscientemente riprendendo un rapporto con la natura e a misurare la distanza tra la quotidianità e l’infinito che ci circonda.
I limiti ci indicano quello che c’è oltre.
Due anni fa, nel 2019, abbiamo ricordato i 200 anni di una delle poesie più celebri di Giacomo Leopardi. Qui non ci interessa un’analisi della struttura di questa composizione (molti sottolineano il fatto che questa poesia, tecnicamente un “idillio”, non abbia rime, cosa molto rara per i tempi in cui fu scritta).
Importa invece mettere in evidenza il meccanismo con cui, partendo dall’indicazione di un limite, veniamo coinvolti in un “andare oltre”, nella ricerca di uno spazio, “infinito” non solo fisicamente ma anche nel tempo.
L’anelito è l’immensità in cui dolcemente “naufragar”. Vale la pena rileggere insieme questa poesia.
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quïete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Il tema viene ripreso nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” e, in particolare, nei versi 84-98:
E quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
smisurata e superba,
e dell’innumerabile famiglia;
poi di tanto adoprar, di tanti moti
d’ogni celeste, ogni terrena cosa,
girando senza posa,
per tornar sempre là donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so.
Successivamente molti altri, poeti e scienziati, si sono posti questi interrogativi, fino a scoprire e a cercare di definire il “sentimento oceanico”.
Il “sentimento oceanico”
Per introdurre questo concetto utilizziamo l’acuta ed intelligente definizione di Mauro Pellegrini sul suo blog (1):
“…Se si si spegne per un po’ il chiacchiericcio di quella parte di mente che, a ben guardare, non fa che ripetere pochi ricorrenti pensieri, se si sta per qualche tempo davvero in silenzio davanti ad uno spazio aperto, capita di avere accesso ad uno stato di coscienza più profondo e più ampio.
Il premio Nobel per la letteratura Romain Rolland in una lettera a Freud definì questo stato Sentimento Oceanico: la base (laica) di ogni sentimento religioso, la sensazione di appartenere a qualcosa di più grande e di farne parte avendone coscienza.
Certo perché “sovvenga l’eterno” bisogna guardare al di là della siepe ed è più facile farlo quando almeno per un po’ si sta fuori dal consueto, quando non ci si perde nel labirinto degli automatismi di tutti i giorni, quando si tiene presente che la maggior parte delle barriere/muri/siepi non sono che pregiudizi, tracotanze, pretese di superiorità, inutili sovrastrutture. Più facile, insomma, farlo in vacanza davanti al mare o su una montagna.
Ecco perché condivido con voi il pezzo di Feynman (2) che spero serva come una preghiera laica… Credo sia un ottimo esempio di come si può guardare oltre se stessi senza perdersi e realizzando di essere parte di qualcosa di molto più vasto…”.
Ecco le onde scroscianti
Ecco le onde scroscianti
montagne di molecole
ognuna ottusamente intenta ai fatti suoi
miliardi di miliardi lontane
eppure formano all’unisono spuma bianca
Ere su ere
prima di un occhio che potesse vederle
anni dopo anni
martellare possenti la riva come ora.
Per chi? per cosa?
Su un pianeta morto
che non ospitava alcuna vita.
Senza requie mai
torturate dall’energia
prodigiosamente sprecata dal sole
riversata nello spazio.
Una briciola fa ruggire il mare.
Nel profondo del mare
tutte le molecole ripetono
l’altrui struttura
finché se ne formano di nuove e complesse
ne creano altre a propria immagine
e inizia una nuova danza.
Crescono in dimensioni e complessità
esseri viventi
masse di atomi
DNA, proteine
danzano figure ancora più intricate.
Fuori dalla culla
sulla terra asciutta
eccolo in piedi:
atomi con la coscienza;
materia con la curiosità.
In piedi davanti al mare,
meravigliato della propria meraviglia: io
un universo di atomi
un atomo nell’universo.
Uno sguardo alla volta celeste
La notte è delle stelle: possiamo immergerci in questa incantata atmosfera rileggendo alcuni testi che ci mostrano la strada per approfondire il senso e il mistero di quello che vediamo.
A farci da guida chiamiamo qui altri poeti.
Ernesto Cardenal (3)
dal Cantico Cosmico:
In principio non v’era nulla
né spazio
né tempo.
L’universo intero concentrato
nello spazio del nucleo di un atomo,
e prima ancora meno, molto meno di un protone,
E anche meno ancora, un infinitamente denso punto matematico.
E fu il Big Bang.
La Grande Esplosione.
L’universo sottomesso a relazioni d’incertezza,
il suo raggio di curvatura indeterminato,
la sua geometria imprecisa
con il principio di incertezza della Meccanica Quantistica (…)
(…) E tirò fuori il suo pensiero nello spazio…
Non esisteva nulla, né esisteva il nulla.
Fra giorno e notte non v’era limite.
Poi, ancora qualche verso più in là:
La moltiplicazione della vita per divisione
e all’improvviso il contrario: l’unione. Non sappiamo
quando né come, in che microscopico, quasi invisibile
paradiso
si unirono due cellule qualunque
tra migliaia di milioni d’altre.
La rivoluzione più grande successa sulla terra.
Tremilacinquecento milioni d’anni fa
già c’erano cellule che avevano conosciuto la sessualità.
(…)
Edith Irene Soedergran (4)
Le stelle
Quando viene la notte,
io sto sulla scala e ascolto,
le stelle sciamano in giardino
ed io sto nel buio.
Senti, una stella è caduta risuonando!
Non andare a piedi nudi sull’erba,
il mio giardino è pieno di schegge.
Giuseppe Grattacaso (5)
Da “La vita dei bicchieri e delle stelle”.
Se soffio forte, se urlo o se sussurro,
se scivolo, qualcosa cambierà
nell’universo? un atomo di sabbia
diventerà pianeta? il cinguettare
del cardellino chiuso tra la fronda
viaggerà tra le stelle sopra un’onda?
*
La vita dei bicchieri e delle stelle,
tutta gentile e tutta risplendente
brillante di gas elio o detergente,
è quello che noi siamo e non sappiamo,
bagliore nello spazio quotidiano,
l’immediato presente e il più lontano,
è l’esistenza senza alcun confine
nell’universo, il gesto luminoso
della mano, il raggio che ci sfiora
e che si apparta, il cielo che rivela
la nostra carne terrena e siderale,
lo scompiglio del fiato universale.
Infine permettetemi di presentare un mio “pezzo” inedito come contributo agli spunti e alle riflessioni contenute in questo articolo.
Antonio Vargiu
UOMO (6)
In onde di tempi e di spazi
oceani sconfinati attraversiamo.
Pochi segni d’uomo,
come a una bottiglia affidati:
un luccichio
nell’azzurrità.
- Dal blog “Forme vitali” di Mauro Pellegrini.
- Premio Nobel per la fisica nel 1965.
- Questo grande poeta -oltre che rivoluzionario- nicaraguense ha trovato molto spazio sul nostro sito, sia per la bellezza delle sue composizioni che per la creazione e diffusione dei “laboratori di poesia”, che hanno dato voce poetica anche a chi non sapeva di averla, a partire da chi viveva gravi forme di malattia, bambini o anziani che fossero. In particolare si può andare a consultare il 2017 e il 2020 di questa nostra pubblicazione.
- Poetessa finlandese morta nel 1923 a soli 31 anni.
- Poeta italiano contemporaneo più volte pubblicato su questo sito, vedi i numeri 5/2015 e 49/2019.
- Poesia ancora inedita.