E’ stato a scuola, e precisamente quando frequentavo il liceo classico, che è iniziata la mia personale formazione alla scrittura in versi. Naturalmente grande spazio era riservato ai grandi poemi epici (Iliade, Odissea per la letteratura greca, l’Eneide per quella latina). Ma personalmente ero particolarmente colpito dai poeti lirici, soprattutto quelli greci. La cosa sorprendente, oggi come allora, era la semplicità e insieme la forza delle loro immagini, passate indenni attraverso oltre 2.500 anni!
Come non ricordare il “frammento amoroso” di Archiloco (poeta greco del VII secolo a.C.) con il suo “ritratto di ragazza”:
Con una fronda di mirto giocava
ed una fresca rosa;
e la sua chioma
le ombrava lieve e gli òmeri e le spalle.
Ma soprattutto la poesia di Saffo, di cui è arrivata fino a noi non l’opera completa, ma solo frammenti, anche se molti ed importanti. Proprio per questo la poetessa di Mitilene si presentava, per noi, avvolta da un fascino aggiuntivo: bellezza e mistero che si mescolavano a vicende di amore non corrisposto o perduto.
Ovviamente il nostro professore di greco si guardava bene dal mettere in evidenza come molti di quegli amori erano rivolti a ragazze, in quanto Saffo gestiva a Mitilene, nell’isola di Lesbo, una specie di collegio, di associazione religiosa, detta “tìaso”, che radunava giovani aristocratiche che venivano preparate al matrimonio con un’educazione che prevedeva “materie” come poesia, danza, comportamento, abbigliamento, eros (il collegio di Saffo era dedicato ad Afrodite ed alle Muse) ecc.
Ma all’epoca il clima culturale dominante –soprattutto a scuola- era incline all’ipocrisia e molto “bigotto”.
Mentre mi accingevo a scrivere questo articolo sono stato felicemente sorpreso dall’iniziativa de “La Repubblica”, che, da maggio, ha iniziato a pubblicare una rubrica domenicale intitolata “La poesia nel mondo”, curata dallo scrittore e critico letterario modenese, Walter Siti, che, con cadenza settimanale, presenta, in maniera molto semplice ma efficace, un poeta. Di questo autore, attraversando tempi e luoghi, ne illustra il contesto sociale e culturale e ne presenta, in modo esemplificativo, una poesia, aiutandoci a capirne sia la forma che la sostanza espressiva. Ebbene Walter Siti ha iniziato proprio da Saffo (1).
Tornando alle opere della poetessa di Mitilene, vi ripropongo una sua prima poesia, che nella traduzione di Guido Paduano così inizia:
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte ;
anche giovinezza già dilegua ,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
A seguire la celeberrima “Ode dell’amore” o “della gelosia”, dedicata da Saffo ad una sua allieva, che lascia il “collegio” per sposarsi, che così inizia, sempre nella traduzione di Guido Paduano.
Mi sembra uguale agli dèi
l’uomo che ti siede di fronte,
e da vicino ascolta la tua voce dolce…
Questa poesia attraversa i secoli ed ha molte rielaborazioni. Come non ricordare Catullo e la dedica alla sua donna, Lesbia, probabilmente agli inizi della sua relazione.
Egli simile mi sembra essere a un dio,
egli, se è lecito, (sembra) superare gli dei
lui che sedendo di fronte continuamente
ti ammira ed ascolta
sorridere dolcemente, cosa che toglie
a me misero tutti i sensi:
appena ti scorsi, Lesbia, nulla mi resta,
………………………………………………………………………………
ma la lingua si blocca, sotto le membra una sottile
fiamma emana, del loro stesso suono
tintinnano le orecchie,
anche le gemelle luci
si coprono come di notte.
Il riposo, Catullo, ti è nocivo…
Ma per me ancora più affascinante è stata l’ultima “traduzione/rielaborazione” fatta da Salvatore Quasimodo:
A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
5 il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde nella lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
10 del sangue nelle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
[da Lirici greci, in Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, 1971]
[trad. di Salvatore Quasimodo]
Dicevamo passione d’amore condivisa e rielaborata, che ha attraversato i secoli e i diversi contesti ambientali sociali e culturali, segno della necessità di esprimere –da parte di donne e di uomini- un sentimento fortemente radicato e che, con diverse modalità e forme, si ripresenta continuamente. Anche oggi nel mondo dei “telefonini”? Penso proprio di sì (ma a voi la risposta).
Per riprendere il discorso iniziale sulla mia formazione alla poesia, è chiaro che qualche mia composizione giovanile risente delle suggestioni di queste poesie.
Ovviamente al quesito si parva licet componere magnis (“se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi, Virgilio, Georgiche, IV, 176, dove il poeta latino mette a confronto il pur intenso lavorio delle api con le opere, ben più gigantesche, dei mitici Ciclopi!), la risposta naturale è che non è lecito!
In ogni caso ripropongo alla vostra lettura questa mia breve poesia, che risente di questa mia “formazione classica” e, ovviamente, dei miei primi “turbamenti d’amore”:
Giovane gazzella,
se ti sono vicino mi sento tremare
e mi scende nel sangue il tuo riso
e le tue parole
sono appena un dolce ronzio(2).
(1): vi invito, quindi, a leggere il suo interessante e ben curato articolo apparso su “La Repubblica” domenica 11 maggio 2014.
(2) da “Diario (d’amore, di lotta e…”), Antonio Vargiu, Phasar Edizioni, 2012.