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Dagli 80 euro del governo Renzi e dal reddito di inclusione (Rei) al “reddito di cittadinanza”: continuità o strappo?

prima parte

di Antonio Vargiu

Una premessa metodologica

Perché, nell’affrontare questi argomenti, parliamo di “educazione civica”?.

La spiegazione è abbastanza semplice. Sembra che – su questioni centrali per la vita della nostra collettività – si sia perso il gusto di partire dall’analisi dei dati reali.

Piuttosto si tende oggi a parlare per “partito preso” e a schierarsi come “tifosi” al di là del merito dei temi affrontati.

Riprendere a documentarsi e a ragionare sui fatti ci sembra un buon antidoto al degrado della nostra democrazia, che ha bisogno, invece, del contributo di tutti per gestire una società sempre più articolata e complessa.

La manovra economica e finanziaria del governo: di tipo espansivo?

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Non c’è dubbio che l’obiettivo dichiarato è quello di favorire lo sviluppo del paese. Per questo motivo è previsto un notevole aumento della spesa pubblica. Ci domandiamo però se la manovra decisa potrà raggiungere gli obiettivi prefissi, che dovrebbero essere: a) rilancio della nostra economia; b) riduzione delle disuguaglianze sociali.

In questo articolo affronteremo un pezzo di questi ragionamenti. Ci permettiamo, però, di anticipare un primo giudizio generale, richiamando la posizione della Uil espressa nell’audizione del 9 novembre u.s. presso le commissioni bilancio della Camera e del Senato riunite (http://www.uil.it/documents/manovrabilancio%20uil4.pdf)

In sostanza nella manovra si nota una carenza di investimenti sia per le infrastrutture che per lo sviluppo dei nostri settori produttivi: ” E senza investimenti vi è il rischio concreto che possa crollare l’intero impianto della manovra e a pagarne le conseguenze saranno sempre i soliti noti: lavoratrici e lavoratori dipendenti e pensionati… (doc.Uil citato)”

Rimane quindi il problema della allocazione delle risorse, comunque scarse, che devono suddividersi tra il sostegno ai ceti sociali più impoveriti dalla crisi e gli investimenti in settori essenziali per la nostra economia.

Parliamo di interventi per ammodernare le nostre infrastrutture e non solo al nord, mentre, se non si investono risorse per l’innovazione nelle nostre produzioni, siamo destinati a perdere terreno nella competitività internazionale. Nè possiamo tralasciare l’osservazione che il nostro paese continua, in maniera colpevole, a trascurare interventi per potenziare la nostra scuola e il nostro sistema formativo nel suo complesso.

Senza sviluppo, anche se in settori produttivi innovativi e rispettosi dell’ambiente, non ci potrà essere vera nuova occupazione nè si combatterà – in maniera strutturale- la povertà.

A fronte di questo sono sempre i lavoratori che, con il pagamento dell’Irpef, continuano a garantire le più sostanziose risorse per lo stato, mentre per le altre categorie si predispongono provvedimenti di “condono fiscale”.

Per quanto riguarda il cosiddetto “reddito di cittadinanza”, il giudizio è positivo per quanto riguarda l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali e la povertà.

Esprimiamo, invece, grandi perplessità sui modi con cui ci si appresta a spendere importanti risorse senza tener conto delle presenze già presenti sul campo. Inoltre sembra che si faccia confusione tra due problematiche che sono distinte e richiedono soluzioni diverse: la ricerca di un lavoro e l’aiuto alle famiglie povere.

Di questo vogliamo discutere nel nostro articolo.

Partiamo dai fatti e dalle cifre: quello che si spende e che si spenderà per i lavoratori più in difficoltà e per le famiglie più povere.

Innanzitutto vogliamo ricordare a tutti che non si parte dall’ “anno zero” -gli esasperati toni propagandistici fanno sempre male!- e che molte delle previste misure a carattere sociale hanno avuto precedenti importanti e dato vita a normative che sono tuttora in vigore.

Gli 80 Euro del governo Renzi: esistono ancora, in che cosa consistono, quali i beneficiari.

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A chi spettano

Il decreto n.66 del 2014 ha previsto un “credito di imposta” sull’Irpef pari a 80 euro al mese per lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.

Ne hanno, infatti, diritto i contribuenti la cui imposta lorda sia superiore alla detrazione per lavoro dipendente e il cui reddito sia inferiore a 26.600 euro. Per esempio, nel caso di un dipendente occupato per tutto l’anno con solo reddito da lavoro e senza familiari a carico, la soglia oltre la quale è percepito il bonus è 8.145 euro. Al di sotto dei 24.600 euro gli 80 euro sono versati integralmente ogni mese; al di sopra invece si riducono progressivamente fino ad azzerarsi per i redditi superiori a 26.600 euro (è da notare che le soglie minime e massime sono state alzate con l’ultima legge di bilancio, in modo da tener conto degli aumenti derivanti dal rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici).

Un difetto strutturale

Questo meccanismo presenta da un lato un vantaggio – i lavoratori ricevono subito in busta paga gli 80 euro- dall’altra un inconveniente, che deriva dalla non stabilità del rapporto di lavoro durante l’anno e, conseguentemente, del reddito.

E’ successo che al momento della dichiarazione annuale dei redditi coloro che hanno superato i 26.600 euro o hanno percepito meno di 8.174 euro (soglia sotto la quale non si è sottoposti alla tassazione irpef) si siano trovati nella condizione di restituire quanto percepito in più nella successiva dichiarazione dei redditi. Questo anche perchè non si è tenuto conto del complessivo reddito famigliare. Il chè ha, ovviamente, provocato grandi malumori.

Questo aspetto va assolutamente corretto.

Una nota esplicativa del Ministero dell’Economia e Finanza (MEF) (2) (2) (datata 28-2-17 e relativa all’anno di imposta 2015) mette in evidenza come, a fronte dei beneficiari -nell’anno preso in esame- pari a 11,9 milioni, 966 mila hanno dovuto restituire integralmente il bonus, 765 mila solo una parte.

Quanti ne beneficiano e il costo.

Le polemiche causate dall’anticipazione del credito di imposta hanno in parte offuscato un dato: mediamente i beneficiari del “bonus”, dal 2014, sono più di 11 milioni, con il costo di circa 9 miliardi annui!

Bonus 80 euro

Quando è stato introdotto

E’ partito in maniera sperimentale nel 2014 (art.1 del d.l. n.66/2014) ed è stato poi reso strutturale con la legge di stabilità 2015.

L’ultima modifica è avvenuta con la legge di bilancio 2018.

Bonus 80 euro

beneficiari 

  • lavoratori titolari di reddito da lavoro dipendente o assimilati del settore pubblico e privato;

  • lavoratori soci di cooperative;

  • lavoratori che ricevono assegni di mobilità o cassa integrazione;

  • lavoratori che percepiscono indennità di disoccupazione;

  • lavoratori che hanno stipulato contratti a progetto a tempo determinato;

  • lavoratori socialmente utili;

  • titolari di assegni legati a formazione professionale o borse di studio;

  • titolari di remunerazioni sacerdotali

  • appartenenti alle forze dell’ordine.

Una nostra osservazione: i governi che hanno promosso e mantenuto il “bonus” avrebbero anche potuto accompagnarlo con una pressione sui datori di lavoro allo scopo di far rinnovare sollecitamente i contratti nazionali di lavoro, le cui trattative erano all’epoca bloccate, dando un ulteriore “ristoro” alle aspettative dei lavoratori con un’ulteriore incremento salariale e con probabili maggiori effetti positivi sulla ripresa dei consumi. Ma rafforzare il potere dei lavoratori e dei sindacati che li rappresentavano non era nelle corde di quei governi e nemmeno – a quello che sembra dai suoi primi passi- di quello attuale.

(1) Manovra di Bilancio 2019 audizione presso le commissioni bilancio riunite della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, Documento di osservazioni della segreteria confederale Uil, 9 novembre 2018.

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