Ancora una volta è arrivato il Natale, il giorno del compimento delle attese e dell’entrata di dio nella storia degli uomini: è il giorno dell’Emanuele (ʼImmanuʻel- in ebraico: Dio è con noi) e di Gesù (Yeshua’ in ebraico: Dio salva).
di Antonio Vargiu
Ma ancora una volta questo avvenimento, questa speranza di riscatto dell’uomo è preceduto da stragi devastanti, che colpiscono in primo luogo coloro che rappresentano il futuro, i nostri bambini.
Allora la strage avvenne per mano di Erode e tragicamente si adempì quanto detto per bocca del profeta Geremia:
“Un grido è stato udito in Rama;
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più (Mt 2, 16-18)”.
Oggi la stessa strage si ripete in Siria (come purtroppo in tanti altri paesi del mondo) e non sembra esserci fine ai continui orrori di quella guerra.
Gesù non è venuto ad imporre la “sua salvezza”, come un deus ex machina piombato dall’alto. No, è venuto per prima cosa a condividere la nostra condizione di uomini e a liberarci dal nostro peccato originale: la violenza, quella che tutti noi coviamo dentro e che poi ci fa “esplodere” nei confronti degli altri e dello stesso mondo in cui abitiamo.
E’ finito l’anno del giubileo, ma non è finita la necessità di essere misericordiosi per sanare tante ferite, materiali e dello spirito, che procuriamo a noi stessi e agli altri.
Del resto il giubileo, istituzione ebraica, era l’anno in cui la misericordia si doveva manifestare in forme concrete:
Dal Levitico:
|
|
In sintesi il giubileo prevedeva:
- la liberazione degli schiavi;
- il riposo del terreno dalle colture;
- l’annullamento dei debiti e la restituzione di campi o case.
Questo anno di salvezza è stato proclamato anche da Gesù, il Messia (unto come re da Dio), che iniziò la sua missione proclamando
“1 Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
2 a promulgare l’anno di misericordia del Signore,
un giorno di vendetta per il nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti… Isaia 61″.
Questo è l’impegno che deve essere di tutti, al di là di cerimonie o scadenze formali.
Il Natale non è solo una festa per le famiglie: certo farà piacere, ed è giusto, radunarsi tutti insieme anche con la “famiglia allargata”, tornare indietro nel tempo, con i ricordi di tutti i nostri cari.
Ma, come ci ricorda Isaia, c’è per noi un “impegno adulto”, essere testimoni attivi di una piccola, grande buona notizia: non siamo soli, “qualcuno” ci mostra che il destino dell’uomo è l’amore, non l’odio o la sopraffazione.
C’è, quindi, un “programma” da attuare, un “giubileo” perenne: facciamoci, dunque, strumenti di questo “benefico contagio”!