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Innanzitutto poniamoci una domanda. Sono cambiate le condizioni e i motivi per cui i lavoratori dipendenti hanno sempre apprezzato ed utilizzato il trattamento di fine rapporto?

La nostra risposta è no! E ne riassumiamo qui, in maniera sintetica, i motivi:

  • Il trattamento di fine rapporto è sempre stato utilizzato come una specie di risparmio personale, da utilizzare in momenti di particolare bisogno, sia durante la propria vita lavorativa che al termine del rapporto di lavoro.

Domanda: sono venute meno queste esigenze? Sembra proprio di no: già oggi una parte di lavoratori attinge al “T.F.R.” quando deve far fronte a particolari necessità.       

Ad esempio,

  • in costanza di rapporto di lavoro
  • “per spese sanitarie per terapie ed interventi straordinari”;

e, con almeno 8 anni di anzianità aziendale,

  • per acquisto della prima casa per sé o per i figli;
  • per spese da sostenere durante i periodi di astensione facoltativa;
  • per spese per congedi di formazione.
  • al termine del rapporto di lavoro

      Si dice: non c’è più il posto fisso. Noi aggiungiamo: è sempre più difficile ottenere rapidamente un altro lavoro. Conseguenza: nell’intervallo forse mi serve una somma aggiuntiva.

  • Le nuove norme sulle pensioni, man mano che entreranno a regime,       produrranno pensioni sempre più basse.

Secondo i calcoli della Ragioneria generale dello Stato, il rapporto tra ultima retribuzione e pensione passerà, per un lavoratore dipendente, dal 74,1 (2010) al 63,4 (2060).

Ma questo solo se verranno versati contributi per 35 anni. Altrimenti il rapporto scende rapidamente.


Conseguenza: la previdenza integrativa sarà sempre una maggiore necessità per le nuove generazioni, che avranno difficoltà a raggiungere quegli anni di contribuzione. Allora perché spendere oggi quello di cui avrò bisogno domani?

Perché il governo assume provvedimenti “diseducativi” nei confronti della previdenza integrativa?

Le obiezioni:

  1. ci si rimette poco (sic!);
  2. è sperimentale e si potrà cambiare decisione (ma una volta fatta, la scelta vale per tutto il periodo primo marzo 2015/30 giugno 2018);
  3. aiuta la ripresa.

Ebbene queste obiezioni ci lasciano sconcertati:

  • ancora una volta i lavoratori si devono far carico di (presunte) ricette per uscire dalla crisi;
  • la cosa come minimo “curiosa“ è che i sindacati, che rappresentano i lavoratori, non siano stati minimamente interpellati su questa decisione; ma forse qualche lavoratore ha mandato una email!?

Comunque su tutta questa materia ci riserviamo di mettere a punto uno “speciale TFR”, con gli approfondimenti tecnici necessari, sperando di riuscire a pubblicarlo quanto prima.

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