Ogni tanto riaffiora, su autorevoli settimanali come L’Espresso, il dibattito su chi siano e su quanti siano i “veri” poeti in circolazione in Italia. Abbiamo già sottolineato più volte -nei nostri editoriali- come gli strumenti messici a disposizione dall’informatica: internet, social network ecc. aiutino la moltiplicazione dello scrivere, anche in versi.
Di questi ultimi scrittori qualcuno ha provato a quantificarne il numero, sembra che ce ne siano più di un milione!
Ma non è questa la mia preoccupazione: Il mio timore è quello di una continua svalutazione della parola.
La parola è uno dei principali strumenti di comunicazione tra gli uomini, rispettarla, non sciuparla, purificarla è un dovere che dovremmo sentire tutti per continuare a scambiarci ragionamenti, sensazioni, sentimenti, per costruire ponti e non muri, come ci ammonisce papa Francesco.
La sensazione. oggi, è quella di trovarsi di fronte ad una nuova Torre di Babele, quando gli uomini, pur usando le stesse parole, hanno finito per non capirsi più e, quindi, a dividersi tra di loro.
Questa atmosfera è alimentata anche dall’abitudine, che ha invaso soprattutto i social network, di fare ripetutamente affermazioni palesemente false, facendole passare per vere.
E’ la tecnica usata a suo tempo dal responsabile della propaganda nazista, Goebbels, che può essere condensata nel famigerato motto:” “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.
Ma la cosa veramente preoccupante è l’abitudine, sempre più diffusa, di usare parole violente, primo passo verso la vera e propria violenza nei confronti dell’altro, di chi non la pensa come noi o, addirittura, ha solo la colpa di esistere. Grave e da non passare sotto silenzio è la recente affermazione di Salvini secondo il quale, contro gli immigrati, “serve una pulizia via per via, quartiere per quartiere e con le maniere forti se serve, perché ci sono interi pezzi d’Italia fuori controllo”.
Non a caso papa Francesco, al termine della recita dell’Angelus di domenica 12 febbraio chiedeva di cessare l’uso della violenza verbale, che in realtà è l’inizio della sopraffazione dell’altro.
“Riguardo al comandamento “non uccidere”, Egli (il Cristo) afferma che viene violato non solo dall’omicidio effettivo, ma anche da quei comportamenti che offendono la dignità della persona umana, comprese le parole ingiuriose . Certo, queste parole ingiuriose non hanno la stessa gravità e colpevolezza dell’uccisione, ma si pongono sulla stessa linea, perché ne sono le premesse e rivelano la stessa malevolenza. Gesù ci invita a non stabilire una graduatoria delle offese, ma a considerarle tutte dannose, in quanto mosse dall’intento di fare del male al prossimo…Chi insulta il fratello, uccide nel proprio cuore il fratello. Per favore, non insultare! Non guadagniamo niente”.
Al termine di questo ragionamento torniamo alla poesia, che è veramente tale quando si fa momento per cogliere alla radice l’essenza della vita, quando si fa riflessione e approfondimento, uso essenziale per la comprensione di se stessi e degli altri.
Oggi abbiamo bisogno di ponti di comunicazione tra gli uomini, per sentirci di nuovo una comunità “universale” che condivide le stesse difficoltà nella vita su questa terra e che, per questo, fa crescere la solidarietà fra tutti per superarle.