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Leggere (e rileggere) le riflessioni di Franco Loi ci aiuta non solo a capire la poesia e i suoi modi espressivi, ma anche a scavare in noi stessi per migliorarci e per migliorare i rapporti con gli altri. Questa volta passiamo in rassegna (in maniera sintetica) quanto scritto nel suo articolo intitolato “Usare le parole dell’inconscio” (1)

Intanto una bella definizione dei “sentimenti” che proviamo: sono il “pensare attraverso un’emozione”!

1. La poesia coinvolge tutti.

Continuiamo in questa specie di vademecum per leggere e capire la poesia:

“La poesia interessa tutti gli uomini: Ottavio Paz diceva: “La poesia non è solo una tecnica artistica, è una visione generale delle cose”.

L’approccio alla realtà di tipo pratico o razionalistico (che è sempre un modo pratico) non impegna tutto di noi. Se parlo per chiedere il pane dal panettiere non gusto od anticipo il sapore del pane. Non entrano in gioco emozioni e sensazioni.

…Nella poesia è invece tutto il nostro essere che viene impegnato, totalmente…

Quando oggi si dice che la poesia è il linguaggio necessario agli uomini…si intende che l’uomo odierno ha bisogno di entrare nuovamente in un rapporto totale con ciò che lo circonda per riconquistare un’esperienza e per rifletterci sopra per trarne delle conclusioni nuove rispetto all’universo, alle cose, agli altri uomini” (il corsivo/grassetto è mio, per sottolineare l’importanza dei concetti espressi, ndr.).

2. Il senso della collocazione delle parole nelle poesie (i “famosi” versi).

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“E’ raro che una parola sola possa dare pienezza di emozioni. Diciamo, allora, che c’è un ordine nelle parole messe una vicino all’altra. Quel che si chiama una proposizione, in grammatica, e un verso, in poesia.

Ecco che allora la parola non ha più solo la valenza della parola in sé, ma anche degli effetti che derivano dallo stare vicino all’altra. Ci sono mutamenti di senso e significato proprio a seconda dell’accostamento. Mentre a scuola insegnano a mettere prima il soggetto, poi il verbo e infine il predicato, è ovvio che in poesia questo non accade. Posso lasciare sottinteso il predicato. In poesia c’è una legge: la rispondenza necessaria tra le parole e l’emozione che voglio esprimere, quando questa corrispondenza c’è non occorre aggiungere altro, né spiegare.

3. Parole “pesanti” e parole “leggere” e il loro suono.

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E’ molto bella ed interessante questa descrizione di come a poco a poco “viene alla luce” e nasce la composizione poetica:

Ci sono parole pesanti e parole leggere; per esempio, per definire una cosa pesante si usano certe consonanti e certe vocali: “piombo” è una parola che ha già un suono vicino al peso del piombo, perché c’è una p e una b, e soprattutto il dittongo “io” che prende una sonorità particolare con la “m”, che allarga la dittongazione fino a farla cadere nella “b”, come un sasso: “piombo”.

Quando si scrive sotto emozione non ci si ferma certo a pensare a queste cose, ma in altri momenti, quelli in cui magari non viene la parola adatta a esprimere leggerezza o pesantezza dell’emozione che vogliamo dire, possiamo starci attenti, o inventare, come fanno i bambini, che non hanno il possesso di tutte le parole per esprimere quello che sentono. Ci sono poesie in cui non si finisce mai di correggere, altre che come sono dette, sono.

Abbiamo già accennato al fatto che le parole sono fatte di suoni. Se metto le parole in un certo ordine non emergono solo i significati che siamo abituati ad attribuire alle parole, ma anche i significati impliciti nella sonorità. I suoni sono vibrazioni, comunicano emozioni proprio in quanto suoni. Poiché la resa sonora di un verso è connessa all’ordine in cui le parole sono messe, non si può modificare l’ordine senza modificare anche il significato. La resa sonora è una valenza capitale della poesia.

4. Analizziamo alcuni versi di Leopardi.

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“Faccio un esempio. Leopardi scrive: « Dolce e chiara è la notte e senza vento » . Si possono trarre significati di vario tipo; ad esempio si può dedurre: se è dolce, vuol dire che sarà primavera; non può essere estate perché c’è troppo caldo, né inverno poiché fa freddo. Sarà primavera, maggio o aprile, massimo giugno. E poi è chiara, e quindi vuol dire che c’è la luna; e siccome è senza vento significherà che è calma, una notte primaverile pacata.

Leggendo con più attenzione ci accorgiamo che Leopardi dice « Dolce e chiara è la notte » poi c’è come una pausa e aggiunge « e senza vento » . Come mai c’è una pausa? Quel che viene dopo la pausa ( « senza vento » ) rivela di fronte alla notte un vuoto che mette sgomento.

Lì c’è lo sgomento del poeta di fronte alla notte. Ecco che « Dolce e chiara è la notte e senza vento » non si esaurisce più in quei significati che abbiamo dato, ma c’è dell’altro: il rapporto intimo, preciso, del poeta rispetto alla notte e al vuoto, al senso di smarrimento che la notte gli dà.

Si può poi notare che questo verso inizia e termina con il suono “o”, che la parola notte è esattamente al centro del verso, che siamo di fronte a vocali piane “e”, “a”, orizzontali, e con un’unica elevazione in quella “i” di “chiara” che è l’unico momento di chiarezza che lui vede, e le “o” sono di chiusura e apertura, e sono “o” chiuse, foneticamente intendo.

E’ un verso che comprime tutta la sonorità verso l’interno, canalizzandola verso quella sonorità centrale che è la parola “notte”. Questo in poesia è normale”.

5. Abbandonarsi a sè stessi.

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Terminiamo anche questa puntata sulla concezione e, soprattutto, sulla spiegazione di cosa è e di come nasce la poesia, questo grande regalo che ci ha fatto Franco Loi, con queste sue ulteriori riflessioni:

“…Analogamente accade in poesia: tanto più noi abbiamo la forza e la capacità di entrare nel nostro essere profondo, tanto più saremo in grado di dire con forza, con profondità, con verità, la nostra “verità”- naturalmente.

La cosa più importante è mettersi in relazione con se stessi, abbandonarsi a se stessi mentre si scrive e lasciar fare al nostro essere.

Possiamo intervenire anche con la mente, ma bisogna essere dei gran lavoratori della parola per arrivare in quei momenti di gran stanchezza in cui ti fermi, pensi, perchè magari non ti viene la parola e allora aspetti, ti incanti, o salti, lasci un buco…

Il grande lavoro, infatti, si fa dopo…”

Loi chiude, infine, l’articolo con una citazione di Leopardi: “…Quando scrive da Firenze alla sorella Paolina dice:”Dopo tanto cincischiare con le parole sono stato finalmente preso dall’allegrezza della poesia”. Bellissima questa espressione di Leopardi! “L’allegrezza della poesia”. Perchè dice così? Perchè se noi ci abbandoniamo a noi stessi, accade che anche i dolori, le angosce, vengono “contemplate”, cioè guardate come al di fuori”.

Anche questa volta i concetti e le spiegazioni di che cosa sia la poesia sono molti: continuiamo a consigliare una lettura attenta e lenta: ci aiuterà a capire e “gustare” meglio le poesie!

 

(1) Usare le parole dell’inconscio, Franco Loi, Il Sole 24 Ore, 30 agosto 2015.

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