Come oramai accade da molti anni, molte donne si interrogano se questo 8 marzo abbia ancora un senso. C’è un grande dibattito sul tema nella rete. Con diverse argomentazioni, più o meno condivisibili.
Ma il senso di questa giornata è proprio rinnovare nella società il messaggio che, tra conquiste e ostacoli, il cammino verso la parità di genere non è ancora finito. Così come non è finito il cammino che riconosce pieno rispetto e dignità della donna nel lavoro e nella sua sfera privata, a cominciare dalle mura domestiche.
C’è ancora molta strada da fare negli ambiti che attengono alla cultura (i comportamenti, i messaggi, la pubblicità, il linguaggio, i luoghi comuni, i pregiudizi) come alle condizioni di vita e di lavoro (le leggi e i contratti collettivi).
A gennaio 2015 il tasso di disoccupazione femminile in Italia è al 12,6% e i dati dimostrato che, più che gli uomini, sono le donne che in questo momento stanno trovando un’occupazione.
Le donne occupate aumentano, finalmente anche nelle posizioni di vertice. Nel settore privato il 15,1% dei dirigenti e il 28,4% dei quadri sono donne, percentuali ancora lontane dalla media europea ma i dati di crescita e di abbattimento del tetto di cristallo sono molto incoraggianti. Cambia quindi la mentalità che pensava che una donna in ascesa professionale non potesse conciliare “adeguatamente” la sua dimensione privata e lavorativa.
Ma i temi della conciliazione rimangono ancora attuali. Molto è stato fatto, ma molto rimane da fare.
Da 7 anni per esempio, i Governi dei Paesi dell’UE hanno bloccato la riforma della Direttiva europea sulla maternità volta ad introdurre in tutti gli Stati membri del riconoscimento di almeno 18 settimane di astensione retribuita, così come stabilito dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Dal 1992 la norma europea stabilisce almeno 14 settimane di maternità con “un’adeguata indennità”; ma da allora il Consiglio europeo non ha ritenuto opportuno che le cittadine europee (di Austria, Belgio, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Olanda, Slovenia, Spagna, Svezia) potessero migliorare i loro diritti.
Forse questo è l’unico caso europeo nel quale l’Italia non appare in qualche lista che evidenzia inadempienza. La legislazione italiana sulla tutela della maternità e sui congedi parentali è davvero tra le più avanzate nel mondo.
Ma una legge di così grande civiltà e modernità è sufficiente a lavare la coscienza di una società che ogni giorno permette violenze fisiche e psicologiche sulla donna, addirittura uccisioni quotidiane?
La Presidente della Camera Boldrini in molti suoi interventi pone l’accento su come sia essenziale partire dal linguaggio di genere, attraverso un aggiustamento della nostra lingua a favore della donna; anche perché – come sostiene l’Accademia della Crusca – non esiste nella lingua italiana parola che non possa essere declinata al femminile. Alcuni fanno ironia su questa sua “fissazione” – e già questo non è un bel segno – ma lei sostiene che “il linguaggio non restituisce un ruolo ma restituisce dignità”.
Ma c’è altro che restituisce dignità ad una donna, come l’uguale retribuzione a parità di mansione di un collega maschio; o la possibilità per tante donne pensionate di uscire dallo stato di povertà.
In Europa il divario retributivo di genere, cioè la differenza tra il salario orario medio lordo degli uomini e delle donne nell’intera economia europea, è del 16,4%.
La Commissione europea dice che il dato – rispetto agli anni scorsi – tende a diminuire; non perché vi è una tendenza a colmare una volta per tutte questa orribile disparità nel mercato del lavoro, ma perché – a causa della crisi – le retribuzioni degli uomini si stanno livellamento verso il basso.
Le Organizzazioni sindacali e le associazioni della società civile a livello europeo ed internazionale anche quest’anno lanceranno proprio l’8 marzo le campagne di sensibilizzazione e di informazione.
Per chiedere che certi avvenimenti non accadano più, per chiedere più diritti, per sconfiggere discriminazioni e ingiustizie.
Daniela Rondinelli
collega della Fisascat Cisl nazionale