Print Friendly, PDF & Email

Lo diciamo chiaramente: ci avviciniamo a questo 79° anniversario della festa della liberazione con un duplice stato d’animo.

Da una parte la voglia di esserci, di raccogliere le testimonianze di chi è stato protagonista di quelle vicende gloriose, di portare avanti, rinnovandoli nelle situazioni drammatiche dell’oggi, i loro ideali.

Dall’altra un senso di delusione: troppo facilmente oggi si dimentica, si tagliano le radici, si mistifica il vissuto collettivo, si esaltano -con la potenza dei nuovi strumenti tecnologici- individualità profondamente egoistiche.

Facciamo allora un piccolo viaggio nel nostro vissuto personale.

Non siamo diventati antifascisti perché abbiamo letto libri, non siamo diventati antifascisti per un semplice “moto” sentimentale.

La mia generazione ha incontrato i “neo-fascisti” nelle scuole, ai licei che ogni tanto bloccavano con la forza per reclutare “massa” per i loro cortei, nelle università quando partecipavano alle elezioni per le rappresentanze studentesche semplicemente distruggendo cartelloni e materiali di propaganda degli avversari e interrompendo riunioni di organismi collettivi quando erano in minoranza.

Non li abbiamo visti piangere per i morti delle numerose stragi che hanno rischiato di mettere in ginocchio la nostra democrazia, da piazza Fontana a Milano fino all’attentato alla stazione ferroviaria di Bologna (e oltre), non a caso definite, anche in sede giudiziaria, “stragi fasciste”.

Né possiamo scordarci del fatto che tutte le associazioni o “movimenti” dell’area “ultradestra” abbiano fatto del “tifo attivo” a favore di quelle dittature dichiaratamente fasciste che hanno ammorbato anche l’Europa nella prima metà degli anni ’70, dalla Spagna franchista alla Grecia dei colonnelli.

Ma per contro ricordiamo il nostro entusiasmo per le prime occupazioni delle università, quando si aveva la sensazione di poter cambiare il mondo, a partire dal nostro vissuto di studenti. Ma questa fase durò poco, per dar spazio ad un estremismo velleitario e sterile.

Ma ecco allora l’impegno con la classe operaia e con le sue lotte, tradotta con una vita per il sindacato: democrazia e costituzione nelle fabbriche e sui luoghi di lavoro, costituzione dei consigli di fabbrica e d’azienda, lotta per la salute (le cifre per i morti sul lavoro e per cause di lavoro, molte delle quali allora sconosciute, erano spaventose); ma anche sapere diffuso, le 150 ore retribuite per lo studio, la musica e l’arte sui luoghi di lavoro e tante altre belle cose, che il mondo lo cambiavano davvero.

Tutto questo ci poneva in consonanza con la lotta partigiana ed antifascista, premessa per la conquista della Repubblica e della nostra Costituzione.

Oggi ci si propone un “ricordo alla vasellina”, in cui tutti sono buoni e bravi, salvo poi a scoprire che il nuovo “personale” portato da questo governo a gestire la nostra repubblica è in gran parte nostalgico e arriva perfino a negare le responsabilità fasciste nelle stragi ricostruite e sentenziate dai giudici di tutti i gradi.

Come al solito si vuole far passare la logica del “scurdammoce ‘o passato”. Ma quel passato non produce uomini e classe dirigente su cui il popolo italiano possa fare affidamento.

Quanto al patriottismo tanto sbandierato questo si traduce, ancora una volta, in subordinazione a gruppi di interesse “atlantisti” allocati negli Stati Uniti d’America.

Ma il nostro compito di oggi è quello di continuare a resistere, magari attorno ad uno dei capisaldi della nostra repubblica: il presidente Mattarella, che consegna le sue “stelle” a chi si prodiga e si sacrifica per il prossimo, per tutti coloro che ne hanno più bisogno: nuovi italiani, immigrati, disabili, società civile colpita sempre più da catastrofi provocate dai cambiamenti climatici ecc.

Il Presidente della Repubblica che ha difeso la dignità del nostro paese a livello internazionale, anche quando qualcuno -con alte responsabilità istituzionali- si abbandonava ai ”bunga bunga”.

Presidente della Repubblica che è garante, e lo deve continuare ad essere, dell’equilibrio dei poteri, legislativo esecutivo e giudiziario, equilibrio non a caso sotto attacco da parte dei nuovi inquilini di Palazzo Chigi, che, come al solito, ambiscono ad ottenere i “pieni poteri”.

Ci dobbiamo quindi preparare anche a questo scontro istituzionale e, nel difendere una democrazia sostanziale, ci sentiremo sempre vicini ai partigiani vittoriosi del ’45.

Share This: