Come ricordato nella prima parte di questo articolo (vedi n. 42, 2018), la sentenza n.51 della Corte Costituzionale pubblicata il 1° aprile del 2015, va considerata come una vera e propria “pietra miliare” sull’argomento che stiamo affrontando, in quanto ha dissipato e “sbaragliato” tutti i dubbi che si annidavano ancora in alcune sedi giudiziarie.
Vogliamo ora citare altre importanti sentenze, che continuano a riaffermare e mettere in pratica i principi affermati dalla Corte Costituzionale.
La Corte di Cassazione, sezione Lavoro.
La Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n.19639 pubblicata il 1° ottobre 2015 ( leggi) pdf ), conferma, in un caso di contenzioso riguardante i contributi previdenziali da versare, che, per definire i livelli retributivi con i relativi contributi, l’unico criterio da seguire è quello di far riferimento ai contratti nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali “comparativamente” più rappresentative.
I fatti
Il tribunale di Lecce, con la sentenza emessa in data 27 settembre 2006, aveva riconosciuto a Sara Pintaudi, titolare della ditta Confezioni Sport Forever — esercente attività di confezionamento di capi di abbigliamento per conto terzi — il diritto sia agli sgravi contributivi (1), sia alla fiscalizzazione degli oneri sociali, in accoglimento della opposizione alla cartella esattoriale contenente l’intimazione di pagamento della somma di 27.815,57 euro per contributi e somme aggiuntive, dovuta per il periodo maggio 2001-giugno 2003.
Per questo l’Inps e la SCCI spa (società di cartolarizzazione dei crediti dell’Inps) avevano fatto ricorso in appello, che era stato però respinto con la sentenza 80/2009, depositata il 27/01/2009 dalla Corte d’Appello di Lecce.
Il Tribunale salentino non aveva, infatti, riscontrato nessuna irregolarità nell’applicazione da parte della Pintaudi del contratto collettivo Cnai-Anifil-Mcm Cnai e Cisal, Failt e Federcalzature, stipulato il 18 agosto 2000.
La decisione
La vertenza arriva quindi –nel 2015!- in Cassazione. Entrando nel merito la Corte cita tutta una serie di normative riguardanti sia gli sgravi contributivi –che operano territorialmente con riferimento alle imprese del Mezzogiorno-, sia la fiscalizzazione degli oneri sociali, che non fa riferimento ad una base territoriale, ma a specifici settori produttivi.
Fatta questa premessa la Corte mette in risalto come tutte le norme citate stabiliscono un criterio base per individuare i contratti collettivi da applicare, cioè quelli sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Nel caso specifico, conclude la Cassazione –sezione Lavoro-, non c’è dubbio che il contratto da dover prendere come riferimento non può essere quello applicato dall’azienda, “in quanto “comparativamente” meno rappresentativo di quello concluso per tutte le aziende tessili dalle 00.SS. più rappresentative a livello nazionale (CGIL, CSIL e UIL)”.
Il Consiglio di Stato
Terminiamo con questa interessante sentenza che riguarda il “mondo degli appalti”. E’ la numero 00763 del 13 ottobre 2015. (Leggi sentenza)
I fatti
In questo caso andiamo a nord! Siamo, infatti, a Desenzano del Garda. La vicenda è relativa ad una gara d’appalto indetta dall’azienda ospedaliera e vinta da un RTI (raggruppamento temporaneo di imprese) che, con riguardo ai costi del personale da impiegare nell’appalto, aveva utilizzato le tabelle contenute nel contratto Cnai. In questa maniera queste imprese avrebbero abbattuto di ben 4 milioni di euro la base da cui partivano le altre concorrenti.
L’impresa GPI, classificatasi al secondo posto, faceva quindi ricorso al TAR Lombardia impugnando l’esito della gara per anomalia dell’offerta, in quanto il minor costo del lavoro era determinato dal fatto che il RTI applicava il contratto Cnai, che doveva ritenersi nullo/invalido in quanto sottoscritto da OOSS non rappresentative.
Il TAR Lombardia ha prima escluso che le norme della gara imponessero di applicare al personale un determinato contratto collettivo o di garantire determinati livelli collettivi.
Successivamente, entrando nel merito, il TAR contestava alla ricorrente una sovrastima del monte ore annuo e una sottostima dei costi del personale, mentre non aveva assolto all’onere di provare (sic!) che i sindacati firmatari del contratto Cnai non fossero quelli comparativamente più rappresentativi.
“Nè a diversa conclusione si poteva giungere per effetto del richiamo di GPI alle tabelle ministeriali tenuto conto che tali tabelle “non costituiscono parametri inderogabili, ma indici del giudizio di adeguatezza dell’offerta che da essa si discosti, purchè lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva (in questo caso quella di cui al ccnl Cnai)”.
Infine il TAR dichiarava che GPI non aveva assolto l’onere di provare che i sindacati firmatari del ccnl Cnai non fossero quelli comparativamente più rappresentativi.
Per tutti questi motivi il ricorso era stato respinto.
La fase dibattimentale
Ne parliamo, sia pure in maniera sintetica, per l’importanza della metodologia seguita in materia così delicata come quella degli appalti e per l’influenza che ha poi avuto sulla decisione finale. Il Consiglio di Stato, infatti, chiama in causa il “Dirigente responsabile della Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”, ponendo una serie di quesiti:
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sui criteri utilizzati per individuare i contratti collettivi, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, presi in considerazione per la predisposizione dei decreti con i quali sono approvate le tabelle ministeriali;
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sulla periodicità dell’aggiornamento delle tabelle.
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sulle ragioni del mancato inserimento, fra i contratti elencati nel D.M., in data 10 giugno 2013, riguardante il settore dei servizi in esame, del ccnl, sottoscritto il 27 giugno 2012, fra Cnai – Coordinamento Nazionale Associazioni Imprenditori e Ucict – Unione Cristiana Italiana Commercio e Turismo, da un lato, e Fismic – Confsal Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori e Filcom – Fismic;
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se, secondo i suddetti criteri, il contratto Cnai, utilizzato dall’aggiudicataria della gara, possa ritenersi stipulato fra associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi;
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sulle differenze, utilizzando la stessa metodologia applicata per l’emanazione dei decreti ministeriali in questione, fra i valori medi (riguardanti le diverse voci del costo medio orario nonché le ore annue mediamente lavorate) indicati nel suddetto D.M., in data 10 giugno 2013 (e i D.M. eventualmente successivi), e i valori che sono stati pattuiti nel suddetto ccnl Cnai, con l’indicazione delle percentuali di scostamento dai valori medi ministeriali;
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sulla rilevazione di anomalie, anche in eventuali visite ispettive, nell’applicazione del ccnl Cnai, che risulta già adottato anche da altre amministrazioni pubbliche.
Il Ministero del Lavoro ha prontamente e in maniera dettagliata risposto ai quesiti posti dal Consiglio di Stato:
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il costo del lavoro è determinato (2), sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali; questo riferimento costituisce un’evoluzione rispetto al richiamo al sindacato maggiormente rappresentativo, in quanto introduce nella dialettica dei rapporti sindacali un criterio di misurazione di carattere selettivo, aggiungendo che la giurisprudenza ha individuato specifici elementi (consistenza numerica dei soggetti rappresentati, ampiezza e diffusione delle strutture organizzative, partecipazione alla formazione e stipulazione dei contratti collettivi di lavoro, partecipazione alle controversie individuali, plurime e collettive) sulla base dei quali sono individuate le organizzazione sindacali comparativamente più rappresentative. Tali criteri sono stati confermati con la legge n. 936 del 1986 riguardante il CNEL;
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in questo settore –quello delle pulizie– nel D.M. 10 giugno 2013 sono stati considerati, quale base per la determinazione del costo del lavoro, i contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e quindi: il ccnl stipulato il 31 maggio 2011 tra Fise-Confindustria, Legacoopservizi, Federlavoro-Confcooperative, Psl-Agci, Unionservizi-Confapi e Filcams CGIL, Fisascat CISL, Uiltrasporti UIL nonché il ccnl stipulato il 3 agosto 2011 tra Federazione Nazionale Imprese di Pulizia (FNIP) con l’assistenza di Confcommercio e Filcams CGIL, Fisascat_CISL, Uiltrasporti UIL;
a sostegno di questo il Ministero ha fornito, per ognuna delle sopra indicate organizzazioni sindacali, dei dati riguardanti la loro consistenza associativa, la diffusione territoriale e il numero di ccnl sottoscritti.
Conclusione del Ministero: il contratto utilizzato dalla ditta che si è aggiudicata la gara non può essere considerato sottoscritto da associazioni comparativamente più rappresentative ed, inoltre, mettendo a confronto i due contratti, quelli “pirata” mostrano un abbattimento del costo del lavoro che va dal “6,73% ad un massimo di -6,89%” (3).
Infine, riguardo agli interventi ispettivi, il Ministero del Lavoro faceva pervenire una comunicazione riguardante “le segnalazioni pervenute dagli Uffici territoriali riguardanti le applicazioni del ccnl Cnai”, tra cui la diffida emessa dalla Direzione di Torino per il recupero delle differenze retributive dovute ad un lavoratore e il recupero operato dalle Direzioni di Ascoli Piceno e di Chieti Pescara delle maggiori contribuzioni dovute sulle differenze retributiva accertate.
La decisione
Sulla base di questa documentazione ministeriale, il Consiglio di Stato passa poi ad esaminare il “giudizio di non anomalia” formulato da una commissione istituita dall’Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda nei confronti dell’offerta fatta da RTI SDS, che presentava uno “sconto” del 29,30% sulla base d’asta rispetto agli altri concorrenti.
Bene la commissione, male le conclusioni: queste le valutazioni finali del Consiglio di Stato, che sottolinea come ci si è accontentati di rilevare che il contratto CNAI fosse “esistente e valido, perché depositato presso il CNEL (sic!)”.
Invece era necessario, come abbiamo visto, fare una comparazione tra i diversi contratti per ammettere alla gara d’asta solo le aziende che avrebbero applicato il ccnl stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative“, contratto che non a caso costituisce la base delle tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro.
Altrimenti “si determinano pratiche di dumping sociale perché solo alcune imprese possono beneficiare di disposizioni che giustificano un costo del lavoro inferiore. Peraltro le altre aziende di quel settore, per essere competitive e non essere estromesse dal mercato, soprattutto in gare cd. labour intensive nelle quali è decisivo il costo del lavoro, sarebbero costrette poi ad utilizzare quegli stessi contratti collettivi che, anche se non sottoscritti da rappresentanze dei sindacati maggiormente rappresentativi, offrono trattamenti retributivi inferiori, con una evidente alterazione del sistema”.
La sentenza n.51 del 2015 della Corte Costituzionale, citata da RTI, certamente ha ribadito il principio che i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative non hanno efficacia “erga omnes”, ma ha anche confermato la norma del d.l. n. 248 del 2007 riguardante i soci lavoratori di società cooperative che «si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative».
In conclusione
“Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione II, n. 1470 del 31 dicembre 2014, annulla l’aggiudicazione della gara in oggetto al RTI formato dalle società SDS e TV Services, con gli effetti indicati in motivazione”.
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L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 3, comma 6.
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Art. 86, comma 3 bis del d. lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici).
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In particolare il Ministero, dopo aver ricordato che le tabelle comprendono sia elementi fissi (quali gli elementi retributivi calcolati sulla base delle disposizioni contrattuali, gli oneri aggiuntivi derivanti dal contratto e gli oneri previdenziali e assistenziali) ed elementi variabili da azienda ad azienda (quali ad esempio le ore mediamente non lavorate per le cause istituzionalmente previste), ha chiarito che le ore mediamente lavorate, considerate per la determinazione del costo medio orario scaturiscono detraendo dalle ore contrattuali pari a 1.877, le ore annue non lavorate, fra le quali sia quelle previste dal contratto in misura fissa (ferie ed altre riduzioni di orario contrattuale), sia quelle individuabili anno per anno (festività e festività soppresse) e sia quelle suscettibili di variazione da lavoratore a lavoratore (assemblee, permessi sindacali, diritto allo studio, formazione professionale, malattia, gravidanza, e infortunio) concordate con le parti sociali e stimate sulla base dei dati medi rilevati nel settore.
L’Amministrazione ha quindi chiarito che, fermi restando tutti gli altri fattori di costo, la misura del costo orario subisce un’oscillazione prevalentemente con riferimento ai giorni di assenza per malattia, infortunio e maternità che incidono sull’effettivo costo di ogni azienda in maniera diversa secondo la frequenza di tali assenze. Così come incidono sui costi le eventuali agevolazioni di cui può godere il datore di lavoro in considerazione della natura giuridica dell’azienda e delle tipologie contrattuali utilizzate (contratti di formazione, assunzioni di lavoratori disoccupati a vario titolo, assunzioni di giovani) o per altri benefici che possono incidere sulla variabilità del costo del lavoro.