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di Antonio Vargiu

Innanzitutto partiamo dalla definizione di “contratti pirata”: per noi sono tutti quelli messi in piedi da organizzazioni (imprenditoriali e sindacali) minoritarie e che prevedono una notevole riduzione delle retribuzioni dei lavoratori rispetto ai contratti nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali  (e imprenditoriali) “comparativamente” più rappresentative.

Naturalmente quelle che citeremo non sono le uniche sentenze di merito –sempre comunque positive per i lavoratori-. Sicuramente, però, il biennio 2014/2015 è da considerarsi decisivo per sciogliere definitivamente tutti i nodi legali relativi alla questione di qual è il contratto collettivo nazionale da prendere in considerazione e da applicare nel determinare le retribuzioni dei lavoratori.

La vertenza legale promossa dalla Uiltucs di Macerata.

E’ con soddisfazione che possiamo partire –nella nostra analisi- dalla vertenza legale patrocinata dalla Uiltucs di Macerata a tutela di una nostra iscritta.

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I fatti

La lavoratrice aveva operato dal 2003 al 2006 alle dipendenze di un’azienda commerciale, la Potito srl, con buoni risultati, visto che, partita dalle mansioni di commessa, era arrivata a svolgere il ruolo di “capo-area”.

Al momento del licenziamento la lavoratrice si è sentita libera di contestare:

  • l’applicazione di un “contratto-pirata”, il “ccnl Conai fino a 50 dipendenti”, che prevedeva un “sotto-inquadramento” rispetto al contratto nazionale di riferimento, “il ccnl per il settore Commercio e Terziario sottoscritto da Confcommercio e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative Cgil Cisl e Uil” e la relativa minore retribuzione;
  • la non completa applicazione neppure del “contratto sottoscritto da Cnai, Ucict e Unci per la parte datoriale  e da Cisal e Fenasalc Cisal per i lavoratori.

La controparte si costituiva in giudizio, dichiarandosi libera di applicare il “contratto pirata” in quanto non aderente a Confcommercio, mentre le organizzazioni che lo avevano sottoscritto  erano – a suo parere- tra quelle “maggiormente rappresentative”.

 

La sentenza del Tribunale di Macerata

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Innanzitutto il Tribunale potè avvalersi di diverse testimonianze di colleghe e colleghi della lavoratrice, che in udienza confermarono i luoghi e gli orari di lavoro e le mansioni da lei espletate.

In secondo luogo venne messo in evidenza che:

  1. l’azienda non aveva neppure indicato, al momento dell’assunzione, il contratto nazionale che aveva intenzione di applicare;
  2. la retribuzione applicata era addirittura inferiore a quella del “contratto pirata”, mentre le ferie erano due in meno di quanto previsto dal ccnl Tds Confcommercio;
  3. quest’ultimo contratto è quello sottoscritto da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quindi deve essere quello che va preso in considerazione “in applicazione degli art. 36 della Costituzione e 2099 c.c., avendo il lavoratore diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”.

Per questo il Tribunale di Macerata, al termine del giudizio, condannò l’azienda al pagamento di 42 mila 800 euro per le mancate spettanze, rivalutate secondo gli interessi legali, e ad oltre 3 mila euro per le spese processuali. Una sentenza esemplare!

La sentenza della Corte Costituzionale

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La sentenza n.51, pubblicata il 1° aprile del 2015, va considerata come una vera e propria “pietra miliare” sull’argomento che stiamo affrontando, in quanto ha dissipato e “sbaragliato” tutti i dubbi che si annidavano ancora in alcune sedi giudiziarie.

I fatti

L’occasione venne data dal Tribunale di Lucca, che  si trovò di fronte alla richiesta da parte di un socio lavoratore, con mansioni di facchino, della società cooperativa Il Castello, volta ad ottenere la condanna, “in applicazione del citato art. 7, comma 4, del decreto-legge n. 248 del 2007 (1), della predetta società al pagamento delle differenze retributive correlate all’applicazione del CCNL unico della logistica, trasporto, merci e spedizione, sottoscritto in data 9 novembre 2006, da CONFETRA, CONFTRASPORTO, ANITA, ANCST LEGACOOP, CONFARTIGIANATO ed altri (parte datoriale) e da FILT CGIL, FIT–CISL e UILTRASPORTI (parte dei lavoratori), anziché del diverso CCNL applicato dalla convenuta (CCNL multi servizi, stipulato da UNCI–FESICA-CONFSAL)”.

Il Tribunale toscano, ritenendo che questa norma non tenesse conto del diverso contratto collettivo applicato per “affiliazione sindacale dall’impresa” e che, per questo, realizzasse un’indebita estensione dell’efficacia collettiva dei contratti collettivi, sia pure limitatamente alla sola parte economica, in violazione dell’art.39 Cost., ha portato la questione al giudizio della Corte Costituzionale.

La decisione

La Corte ha ritenuto, invece, del tutto del tutto incongrua la valutazione del Tribunale di Lucca in quanto basata su un “erroneo presupposto interpretativo”.

Difatti non c’è nessuna estensione dell’efficacia erga omnes dei contratti collettivi nazionali: quello, infatti, che la giurisprudenza ha finora fatto – e fatto bene- è stato  quello di utilizzare i contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, come “parametri esterni di commisurazione… nel definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento da corrispondere al lavoratore ai sensi dell’art.36 della Costituzione”.

La Corte, inoltre, è entrata anche nel merito della citata norma riguardante i soci lavoratori, togliendo ogni rilievo particolare all’espressione «fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative”.

Nella sentenza la Corte loda, invece, il contrasto a forme di competizione volte a spingere al ribasso le retribuzioni dei lavoratori.

Conseguentemente “va valutata in maniera molto positiva l’ intensa attività ispettiva, promossa dal Ministero del lavoro, per ribadire che «in presenza di più “contratti collettivi nazionali di lavoro nello stesso settore merceologico vanno applicati i trattamenti economici previsti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative” …in linea con specifici indici sintomatici di rappresentatività sindacale, individuati nella circolare del Ministero del lavoro 1° giugno 2012 ».

Sul tema torneremo presto per parlare anche di altre sentenze, anche di Tribunali amministrativi, assolutamente in linea  e che rafforzano quanto stabilito dalla Corte Costituzionale.

 

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Alla luce di quanto sopra esposto ci sembra assolutamente ridicolo lo stare oggi a discutere l’annuncio da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro –pienamente in linea con quanto sentenziato- dell’intensificazione dei controlli sui contratti effettivamente applicati ai lavoratori, al fine di combattere la piaga dei “salari al ribasso”. Altrettanto ridicolo ci sembra considerare una specie di marcia indietro dell’Istituto il non trovare più questo annuncio sul sito dell’Ispettorato.

Il nostro obiettivo, ovviamente, non può non essere che quello di continuare la lotta, anche in sede istituzionale, a quelli che noi consideriamo “contratti pirata”, che sono poi quelli che cercano di togliere una parte -spesso consistente- di retribuzione ai lavoratori.

(1) L’art. 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31, stabilisce che, «fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria».

 

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